Houdini – Fantasmi e sortilegi a stelle e strisce
A ottant’anni dalla morte Harry Houdini è al centro di una grande mostra al Museo ebraico di New York intitolata Houdini: Art and Magic. Un’attenzione non casuale, quella dedicatagli, poiché la sua fama ancor oggi rimane intatta. Insieme a personaggi del calibro di Henry Ford o J.P. Morgan, Houdini rappresenta infatti, nell’immaginario popolare americano, quel fermento di innovazione che ha preceduto la grande depressione del 1929, la seconda guerra mondiale e ciò che di terribile ne è conseguito.
La sua longevità non è però solo il risultato della sua ben nota destrezza nei panni di intrattenitore, ma è dovuta al fatto che, a detta di Teller della coppia di illusionisti Penn&Teller, Houdini era un personaggio dalle mille sfaccettature, una vera e propria forza della natura: “Se c’era un nuovo mezzo scenico, una nuova tecnologia, una nuova idea che investiva l’universo culturale del tempo – spiega Teller – Houdini era sempre lì pronto a coglierla” .
Forse però questo ebreo immigrato in America dalla lontana Ungheria, figlio di un rabbino di Budapest, non fu soltanto un artista talentuoso e capace di attirare le masse, ma anche un supereroe ante litteram, un simbolo di speranza per tutti quegli ebrei che avevano intrapreso un viaggio dalla vecchia Europa verso gli Stati Uniti d’America alla ricerca di prospettive di vita migliori. Con le sue imprese Harry Houdini, all’anagrafe Ehrich Weiss, dimostrò che anche nelle peggiori condizioni è sempre possibile trovare una via d’uscita, un modo per ritrovare la propria libertà. Questo a prescindere che si debba fuggire da “la pagoda della tortura cinese” o da manette, catene, camicie di forza, penzolando da una corda a testa in giù, sotto gli occhi di un pubblico attonito.
L’esposizione, corredata da un ampio catalogo pubblicato dalla Yale University Press, può contare su una vasta selezione di memorabilia utili a tracciare un profilo esaustivo di Houdini. Egli lasciò dietro di sé una riserva inesauribile di materiale culturale: straordinarie fotografie con effetto seppia, diari personali, litografie, manifesti pubblicitari e altri oggetti legati al teatro, ritagli di giornali e riviste, e pellicole cinematografiche. Non mancano poi gli accessori di scena eternamente legati alla figura di Houdini: catene, corde, manette, camicie di forza e vasche blindate a misura d’uomo. Un insieme di oggetti che accompagnarono negli anni la sua incoronazione a massimo esperto nell’arte dell’escapologia, della fuga.
Una fuga da costrizioni fisiche e ambientali che, secondo gli autori dei saggi inseriti nel catalogo dell’esibizione, acquisisce un significato ulteriore, un valore quasi aspirazionale per tutti gli ebrei immigrati dell’epoca: l’affrancamento dalle pesanti catene sociali e dalle anguste celle del pregiudizio.
La mostra regala un’immagine del personaggio nella sua totalità, considerando tutte le diverse sfaccettature del personaggio Houdini. Prima fra tutte la sua carriera e il suo rapporto con la moglie e assistente di scena Beatrice Rahner. Poi la sua carriera da attore a Hollywood con pellicole come The Grim Game (1919) e Haldane of the Secret Service (1923).
Disseminati tra foto d’epoca, cartelloni pubblicitari e pannelli esplicativi troviamo poi una trentina di lavori realizzati da artisti contemporanei come Vik Muniz. Un’insieme di opere che attraverso stili e visioni diverse cerca di rievocare le atmosfere magiche dell’universo houdiniano.
Pagine Ebraiche, dicembre 2010