Giulio Campagnola, l’amico del mistero
Giulio Campagnola, nato a Padova nel 1482 probabilmente da una madre ebrea, è stato un incisore e pittore di notevole fama ai suoi tempi. Alcuni critici considerano le sue opere come la trascrizione in incisione del Rinascimento veneziano, così come espresso nelle opere pittoriche di Giorgione da Padova e del giovane Tiziano. Alcuni studiosi attribuiscono a lui l’invenzione della tecnica del punteggiato per attenuare i contorni, che comunque è riconosciuta da tutti come una caratteristica delle sue opere.
Formatosi prima a Padova, poi a Mantova e a Ferrara, dal 1507 svolse la sua attività soprattutto a Venezia, divenendo uno dei più fedeli seguaci di Giorgione e acquistando fama anche per la sua profonda cultura umanistica e musicale. Più che come pittore, Campagnola è importante per la sua copiosa produzione di incisore: inizialmente legato al senso lineare di Mantegna e Durer, si accostò in seguito ai modi di Giorgione e di Tiziano, scoprendo in una delicata tecnica puntinista l’equivalente grafico del tonalismo.
Amante anche della scrittura e della poesia, Campagnola si cimentò con il mondo delle arti in età giovanissima, facendosi ben presto la fama del bambino prodigio. Fu intimo amico, e spesso ispiratore, del pittore Giorgione da Padova. Pare che i due fossero entrambi seguaci di una setta neoplatonica di adoratori del Sole Invitto.
Campagnola muore nel 1515, lasciando dietro di sé un alone di mistero, oltre a un corpus di incisioni, di cui una quindicina arrivata ai giorni nostri. Tra questi si ricordano le più celebri: l’Astrologo, Il Vecchio Pastore e Il Giovane Pastore. Inoltre ha lasciato un figlio destinato a diventare famoso.
Giulio Campagnola è infatti anche il padre adottivo del (forse più celebre) pittore Domenico Campagnola, che con questo nome cominciò a firmare le sue prime opere, in età giovanile, nel 1517, a soli due anni dalla morte del padre. Della sua esperienza pittorica giovanile non si conosce molto ma è accertato che abbia lavorato nella bottega del Tiziano. Inoltre ebbe modo di conoscere il Romanino ed il Moretto. Nelle prime opere di Domenico Campagnola, quali l’Incontro tra Anna e Gioacchino l’influenza tizianesca risulta evidente, mentre del 1532, subito dopo i tondi coi Profeti, per una decina di anni appare ispirato dal Moretto e dai maestri bresciani.
Nel 1533 viene affidato a Domenico l’incarico di dipingere l’affresco raffigurante il Beato Bernardino da Feltre all’interno del Monte di pietà di Padova. Tra il 1536 e il 1545 lavora presso l’oratorio di San Rocco a Padova dove realizza un ciclo pittorico che comprende vari soggetti. Nel 1540 affresca la Sala dei giganti. Dal 1541 le sue opere, quali il Battesimo di S.Giustina, acquistano una maggiore luminosità, grazie agli accostamenti a Salviati, operante a Padova in quegli anni. Di pregevole fattura gli affreschi dell’abside di Praglia e i lavori presso San Giovanni di Verdara. Muore a Padova il 10 dicembre 1564.
Pagine Ebraiche, gennaio 2011