…pace
Il ministro degli Esteri israeliano Libermann ha ragione: è Abu Mazen e non Netanyahu a silurare i colloqui di pace, ma sta procurando un grave danno all’immagine d’Israele, perché sta facendo apparire al mondo che è di Israele la colpa dello stallo della situazione. Non conoscendo le regole fondamentali di comportamento, ha dichiarato che non si dimetterà dal governo, nonostante che non accetti la linea politica decisa a maggioranza, e anche Netanyahu non pare lo stia licenziando, non volendo rinunciare ai quindici mandati di Israel Beitenu. Il governo israeliano sta parlando con due voci opposte: quella di Netanyahu disposta alle trattative e quella del ministro degli Esteri, dichiaratamente contraria. Il danno va anche oltre al fatto di far apparire Israele come il responsabile della mancanza di progressi nella trattativa: questa situazione anomala fa apparire Israele come un paese che non sa quello che vuole, debole e privo di timoniere, in balia degli umori di un elefante in un negozio di chincaglieria. Quanti cocci dovremo raccogliere prima che Netanyahu si liberi di questa zavorra e prenda il largo a capo di un governo di coalizione con Kadima? Una tale coalizione farebbe apparire Israele come davvero decisa a progredire e la responsabilità dello stallo, se necessario, ricadrebbe tutta sulla leadership palestinese. Un altro vantaggio sarebbe che in essa il partito laburista non farebbe da foglia di fico, come adesso, e riassumerebbe il suo ruolo naturale di partito guida nel cammino verso una qualunque forma di convivenza pacifica con i vicini.
Daniel Haviv, alchimista