L’Occidente disincantato e la «libertà di religione»

Come hanno scritto il presidente della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici e il rabbino capo Riccardo Di Segni non si può «restare indifferenti» all’attentato di ieri ad Alessandria d’Egitto e agli eventi drammatici che negli ultimi tempi hanno colpito le minoranze cristiane soprattutto nei paesi islamici.
L’indifferenza, il disinteresse, l’insensibilità, la noncuranza, per quello che avviene alle porte della fortezza «Europa», ma i cui sintomi si leggono con chiarezza già a un metro da casa, costituiscono uno dei grandi mali della società contemporanea. L’Occidente, disincantato e cinico, sembra irridere a ogni contenuto e non aver nulla come orientamento; debole di questo nichilismo ontologico ed etico, o si vota all’azzeramento, una sorta di autodistruzione, oppure mostra i denti e si avventura per sentieri politici (e bellici) perigliosi ed esiziali. Il vuoto nulla appare direttamente proporzionale alla violenza. È questo il paradosso dell’Occidente impreparato ad affrontare la nuova geopolitica del mondo.
Mancano soprattutto gli strumenti del pensiero, manca anzi il pensiero e la riflessione. Vecchi schemi – a cominciare dal conflitto di civiltà – vengono applicati per interpretare situazioni inedite. Ma indubbiamente anche un certo abuso di parole come «relativismo», «fondamentalismo» – contrapposte ad una «Verità» scritta con la maiuscola – non hanno contribuito a rasserenare gli animi e a porre le condizioni per un dialogo. E al dialogo, sbeffeggiato e svuotato di valore, sembra non credere più nessuno. Così non c’è da meravigliarsi se l’Europa, inquietantemente xenofoba, si risveglia oggi trasognata e sbigottita.
Il lascito del Novecento è quello di una secolarizzazione che ha portato spesso a sottovalutare la portata della religione. Come se si trattasse alla fine di una lotta tra lumi e dogma. Questa prospettiva è sbagliata. E oggi appare evidente. Non si tratta allora di chiedere solo a gran voce la libertà di religione, quanto di ripensare la religione che – come ha insegnato la riflessione ebraica più recente – è «legame» che si stabilisce tra l’io e il prossimo, il medesimo e l’altro, senza che questo legame diventi totalità. L’unicità della Trascendenza divina è indisgiungibile dalla difesa dalla relazione dell’io con l’altro. Su questo ripensamento della religione si deve insistere e si deve dialogare.

Donatella Di Cesare, filosofa