Ripensare la Memoria

Siamo all’undici di gennaio e, come ogni anno, ci accingiamo a tuffarci nella Memoria. Il decimo anniversario dall’istituzione della Giornata, tra l’altro, induce a riflettere sui risultati raggiunti e sui possibili miglioramenti. Un’analisi tanto più utile alla luce dei molti episodi che mostrano un persistere del pregiudizio antisemita e razzista, dell’ignoranza, persino delle teorie revisioniste e negazioniste più becere e screditate. Una serie di sintomi che consiglierebbero di apportare modifiche e migliorie di qualche natura.
Recentemente Riccardo Pacifici, presidente della Comunità Ebraica di Roma, ha rilanciato la proposta di istituire anche in Italia il reato di negazionismo. Questa idea ha innescato un’ampia polemica, soprattutto tra la comunità scientifica, in massima parte sfavorevole, e il mondo politico, in maggioranza d’accordo sulla legge. Sebbene personalmente mi sia espresso contro la proposta, anche su queste colonne, non si può non riconoscere un fatto: il tema sollevato è reale, poiché non è accettabile che sedicenti studiosi neghino l’esistenza delle camere a gas in aule universitarie o di scuola.
La questione va probabilmente affrontata in una dimensione più ampia. Sul piano educativo si ha l’impressione che non esista più in Italia la capacità di creare, a partire dalla scuola, un’identità, un sentimento, un’appartenenza collettiva. Come ricorda spesso David Bidussa, l’Italia manca al giorno d’oggi di un calendario condiviso di ricorrenze, festività e anniversari in grado di formare una coscienza nazionale. Rimangono, dell’impianto culturale della scuola del Dopoguerra, soltanto le giornate del ricordo delle vittime (non solo della Shoah, ma anche delle foibe, delle calamità naturali, del terrorismo), importantissime ma intrinsecamente particolari.
Mentre iniziano le celebrazioni per i 150 anni dall’Unità d’Italia, e mentre ci accingiamo a vivere i prossimi giorni tra un evento e l’altro dedicati alla Memoria, pensiamoci un po’ su.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas