Il bet ha-keneset mancato

E’ difficile, visitando l’interno della Mole Antonelliana, che ospita il Museo del Cinema di Torino, ricordare che la costruzione inizialmente doveva essere una sinagoga. Come sarebbe oggi se le cose fossero andate diversamente e se la comunità di Torino fosse stata in grado di far fronte all’impegno economico esagerato che si era assunto? Ci troveremmo ancora oggi (almeno nelle festività principali) in poche centinaia a dire tefillà in quell’immenso salone che oggi si anima di suoni e luci tra centinaia di turisti? Come sarebbero disposti i banchi? E le donne dove starebbero? Guardando la sala dalla balconata in salita che oggi ospita la mostra temporanea mi domando quanto in alto saremmo state collocate e cosa riusciremmo a vedere e sentire. E’ curioso affacciarsi da quello che avrebbe potuto essere il matroneo e vedere troneggiare un gigantesco idolo (è vero che nessuno lo ha mai considerato davvero una divinità, e ha una connotazione negativa nello stesso film Cabiria che gli ha dato i natali, ma il contrasto tra quello che vediamo e quello che lo stesso luogo avrebbe potuto essere resta comunque stridente).
Tutto sommato, considerati i costi di gestione che avremmo (non oso immaginare le assemblee comunitarie sul bilancio), e i problemi di acustica, per non parlare della sicurezza, possiamo dire che ci è andata bene così. Rimane una curiosa pagina di storia, che smentisce clamorosamente i pregiudizi sul nostro innato senso degli affari (già solo per questo è utile farla conoscere) e ci racconta di una comunità così integrata nella società e orgogliosa di sé da diventare persino un po’ megalomane. E ancora oggi in fin dei conti fa piacere pensare che siamo stati all’origine di quello che poi è diventato il monumento simbolo della nostra città.

Anna Segre, insegnante