Davar acher – Le liste e la civiltà cattolica

Non occorre forse aspettare il Giorno della Memoria per riflettere sulla notizia dell’ennesima scoperta di liste di ebrei pubblicate in internet da neonazisti. Non basta indignarsi, occorre pensare un po’ più a fondo. La storia insegna che queste liste sono solo un passo del meccanismo della persecuzione; non l’ultimo della violenza effettiva (grazie al Cielo non ci sarebbero oggi le condizioni da noi perché lo fosse), ma neanche il primo. Prima della pubblica gogna degli ebrei durante il fascismo (non solo le liste, ma anche l’indicazione dei negozi ebrei, le espulsioni da scuole, lavori, associazioni), vennero infatti le leggi razziali che le giustificavano; le leggi razziali furono introdotte dalla precedente propaganda di riviste come “La difesa della razza” e dal manifesto degli scienziati razzisti (firmato, è bene ricordarlo oltre che da tutta la nomeklatura fascista, anche da “scienziati”, politici e personalità della “società civile” che di lì fecero carriera come Almirante, Badoglio, Missiroli, Soffici, Evola, Fanfani, Bocca, Gedda, padre Gemelli, Papini, Gentile, Guareschi: per l’elenco completo vedi http://www.internetsv.info/Manifesto.html).
Tutto questo però ancora non è il vero inizio del processo culturale che portò ai treni per Auschwitz. Prima del razzismo fascista vennero molti decenni di martellante propaganda mirante a decostruire l’idea liberale dell’uguaglianza degli esseri umani e dei cittadini per stabilire un’ “eccezione ebraica”. Gli ebrei, secondo questa propaganda form[avano] “una nazione straniera nelle nazioni in cui dimorano e nemica giurata del loro benessere”, “stranieri in ogni paese, nemici della gente di ogni paese che li sopporta”; “combatte[vano] il cristianesimo e la Chiesa, pratic[avano] l’omicidio rituale dei bambini cristiani, av[evano] nelle loro mani un potere politico capace di condizionare gli stati e soprattutto possiede[vano] grandi ricchezze conquistate con l’usura e quindi avrebbero un fortissimo potere economico”. Questa parole vengono da un’analisi del gesuita Giuseppe De Rosa che riassume l’atteggiamento antisemita (lui dice antigiudaico, ma si tratta di una distinzione che non regge l’analisi) della rivista gesuita “Civiltà cattolica”. Ne parla a lungo David Kerzner in quel libro importante e assai censurato in Italia che è “I papi contro gli ebrei”, tradotto da Rizzoli nel 2002.
“Civiltà cattolica” non fu certo l’unica rivista a tenere questo atteggiamento, né la Chiesa fu la sola agenzia sociale a propagandare l’antisemitismo otto e novecentesco. Ma è bene ricordare che non furono i piccoli falsari come il Simonini raccontato da Eco a compiere questa azione di delegittimazione e demonizzazione, ma grandi istituzioni pubbliche rispettabili e serie, fra cui molte forze politiche esplicitamente cattoliche, com’è il caso per esempio dell’Austria col partito cattolico/antisemita del sindaco di Vienna Karl Lueger (“il maestro di Hitler”) e della Francia in cui la campagna contro Deryfus fu guidata da giornali cattolici come “La Croix” e “Le Pélerin”, mobilitando gli scrittori cattolici da Daudet a Barrès, da Maurras a Bernanos.
Perché parlare di queste cose oggi? Perché tutti si scandalizzano delle liste di proscrizione o alle lezioni negazioniste all’università che ritornano periodicamente agli onori della cronaca, ma nessuno bada alle condizioni che rendono possibili questi abomini e cioè alla più o meno sottile opera di delegittimazione e demonizzazione che le precede. Perché nei prossimi giorni ricorrono, stranamente e forse giustamente vicine le giornate della memoria e del dialogo ebraico-cristiano, che dovrebbero essere entrambe occasioni di riflettere su questo tema.
E infine perché mi sembra di capire che dopo una pausa di qualche decennio (Kertzner attribuisce a De Rosa la considerazione che “Civiltà cattolica” “mutò la sua linea solo nel 1965”) la rivista dei gesuiti abbia ripreso a lavorare sull’immagine degli ebrei, con la variante non secondaria di non occuparsi più della “razza” ebraica, ma dello “stato” ebraico – ma con contenuti non troppo diversi, e di nuovo facendo l’avanguardia della posizione vaticana. E’ noto infatti che “le bozze della rivista vengono riviste dalla Segreteria di Stato” e dunque manifestano la posizione ufficiosa della Santa Sede.
E’ infatti di qualche giorno fa un’anticipazione pubblicata dall’Ansa di un editoriale firmato da Padre Giovanni Sale in cui sostanzialmente si dice che la nascita dello stato di Israele è stato un crimine contro l’umanità. La conseguenza di questa valutazione è che, secondo il riassunto dell’Ansa, “il problema dei profughi palestinesi, nato nel ’48 da una vera e propria «pulizia etnica», «va trattato in sede internazionale», va affrontato «con realismo e risolto nell’interesse innanzitutto, delle parti lese», nella consapevolezza che «non esiste una proposta che accontenti tutti».” Chi ha orecchie per intendere…
Questa lettura, profondamente delegittimante, fa il paio con i risultati del Sinodo dei vescovi mediorientali, tenutosi qualche mese fa (in cui, è bene ricordare, il redattore della risoluzione finale dichiarò nella conferenza stampa conclusiva che Israele non aveva più alcun diritto storico-religioso sulla “Palestina” perché la promessa divina dell'”Antico testamento” era stata abolita dal “Nuovo”, sicché l’elezione ebraica era senza fondamento; e nell’occasione fu anche presentato un documento interconfessionale che fra altre amenità definiva “un peccato contro Dio” la fondazione dello Stato di Israele, che per padre Sale è solamente un “crimine contro l’umanità”). E poi la partecipazione alla conferenza Durban 2 contro il parere della maggior parte degli stati occidentali, la bizzarra teoria più volte espressa che le persecuzioni dei cristiani nel mondo islamico derivano dall’esistenza dello stato di Israele (la “violenta irruzione del sionismo a Gerusalemme” per usare le parole di Vittorio Messori, scandalose perché più esplicite del felpato linguaggio della diplomazia vaticana, ma non sostanzialmente diverse). E cento altri episodi che si ripetono, l’ultimo dei quali è la partecipazione cattolica a un colloquio con i musulmani a Doha per discutere del destino di Gerusalemme, da cui naturalmente gli ebrei sono esclusi. Sono le prove di un “compromesso storico” fra mondo cattolico e islamismo, il cui prezzo sembra essere Israele.
Naturalmente è possibile avere tutte le opinioni diverse su temi concreti come i confini di Israele o la colpevolezza di Dreyfus. Ma si supera la linea che separa la critica politica dall’antisemitismo (e dunque dai passi preparatori delle “liste”) quando gli ebrei e il loro stato sono criticati in quanto tali, delegittimando la loro presenza, demonizzando le loro azioni e usando un doppio standard per valutare le loro azioni e quelle degli altri (così per esempio il Papa, che a elevato le sue proteste contro “l’occupazione” israeliana della Cisgiordania durante la sua visita a Cipro, tacendo dell’occupazione militare turca di metà del territorio dello stato cipriota. Sono le tre D proposte da Sharanski per testare l’antisemitismo contemporaneo. Spiace dover prendere atto che la politica vaticana e buona parte dell’opinione cattolica (non solo gli estremisti alla Pax Christi) oggi rientrano ampiamente in questi criteri.

Ugo Volli