Storia e Memoria – “Il dolore è grande”

“Come è possibile che non sia più ritenuto degno di essere figlio d’Italia?” Ada Carpi e Aldo Neppi Modona

Ada al figlio
[Firenze] Settembre 1938-XVI

Mio carissimo, ho pensato a te! Sento continuamente la tua angoscia! Ma conosco il tuo spirito elevato, la tua serena forza d’animo, e sono sicura che non ti abbatterai, non perderai nulla dei tuoi sentimenti puri e profondi verso te stesso, verso noi, verso tutti, e ti manterrai calmo ed equilibrato come sempre. Mandami un rigo per mia tranquillità.

Aldo alla madre
[Roma] Settembre 1938-XVI

Cara Mamma, certo il dolore è grande, ma non temere, non mi abbatto; mi hai educato a sentimenti virili, e l’animo si mantiene alto e lo spirito sereno. Non mi preoccupa troppo la situazione mutata, l’avvenire incerto, la impossibilità forse di provvedere economicamente alla mia famiglia; non ho, spiritualmente, il tempo di fermare il pensiero su questi lati del problema. La mente si chiede solo: ma è possibile? Con la fede inalterata nel culto di questa terra che consideravo e considero la mia patria, con la passione sempre nutrita per questa bella Italia, con l’ammirazione per il Regime, che abbiamo sempre avuta, con l’eco delle esclamazioni che ogni mattina, per mezz’ora, fanno in coro i bimbi fingendo di leggere su libri qualunque (ma fra poco impareranno davvero!). “Viva il Re! Viva Mussolini! Viva l’Italia! La bandiera tricolore è la più bella! Viva l’Abissinia italiana!”, coi ricordi di 4 anni di guerra, come è possibile che non sia più ritenuto degno di essere figlio d’Italia? Ma non importa, mi sono detto, siamo soldati come lo eravamo in trincea, e il comandamento è uno solo, “ubbidire”. Come il soldato ubbidisce al Superiore qualunque cosa gli venga comandata, senza commenti, così noi, anche se non afferriamo tutto, dobbiamo ubbidire, mantenere la linea diritta di azione e di devozione, e solo pensare che se così è vuol dire che così deve essere, e tutto accettare quando si tratti del bene d’Italia. Stai tranquilla, Mamma, per il mio stato d’animo.

“Oggi anche in Italia si è scatenata l’assurda e inumana battaglia della razza” Luciano Morpurgo

Dicembre 1938 La legge razziale votata dal regime fascista proibisce agli ebrei lo studio. Sì, lo studio, quella piccola cosa che dà la cultura, che fa distinguere gli uomini dagli animali, e gli uomini colti da quelli che non lo sono.
Proibire lo studio in Italia, nel paese che diede al mondo i primi grandi geni, che diede nelle Università del Medio Evo il più grande esempio di libertà, sembra cosa non vera e impossibile. Ed è pur vero invece: nel Medio Evo da tutte le parti del mondo accorrevano qui studiosi a istruirsi, ad abbeverarsi di scienza, ed erano simpaticamente accolti; oggi, nell’anno 1938 – che, scimmiottando gli anni della rivoluzione francese e l’inizio di una nuova… era, si vuol chiamare diciassettesimo – tutto ciò è finito! La cultura deve esistere solo per gli ariani, possono frequentare le scuole anche i negri, i cinesi, gli indos, tutte le razze, ma gli ebrei no. […]

Pagine Ebraiche, gennaio 2011