Le leggi ad personam e il modello di Israele

La condanna dell’ex presidente di Israele, Moshe Katzav, per svariati crimini sessuali, già adeguatamente commentata da Fiamma Nirenstein su Il Giornale del 31 dicembre (ripreso da Moked dello stesso giorno), sollecita diverse considerazioni.
Innanzitutto, l’idea che chi abbia rappresentato, al massimo livello, lo Stato ebraico venga condannato per delle colpe così infamanti, non può non suscitare profonda amarezza. Come affermato dal premier Benjamin Netanyahu, e da pressoché tutti i commentatori, si tratta certamente di una giornata particolarmente triste e dolorosa per il Paese.
Tutto il Paese appare ferito e mortificato da questa vicenda. Ma, come sempre, quando si tratta di applicare la legge, lo Stato di Israele ha confermato un livello di solidità istituzionale, di civiltà giuridica, di maturità dell’opinione pubblica tali da renderlo degno dell’invidia di qualsiasi altro Paese del mondo. Nessuno ha osato contestare la legittimità della sentenza, nessuno ha dubitato dell’imparzialità dei giudici, nessuno si è azzardato a proporre privilegi di sorta per l’imputato eccellente, “leggi ad personam”, scappatoie giuridiche.
La delusione è accentuata dal ricordo del grande significato simbolico che assunse la nomina di Katzav, nel 2000, all’alta carica. Criticata, ovviamente, dalla gran parte degli opinionisti stranieri, in quanto automaticamente considerata una scelta contraria al dialogo e al processo di pace – solo perché sostenuta dalla destra, mentre il candidato dei laburisti era Shimon Peres, che gli fu poi successore -, l’elezione di Katzav a presidente di Israele rappresentò invece un grande segnale di riscatto e di speranza – paragonabile, in piccolo, alla vittoria di Obama – per quella parte di ebrei sefarditi, di umile estrazione, rimasta fino ad allora, per diverse ragioni, generalmente lontana dai piani alti del potere e dell’amministrazione statale. L’ascesa alla massima carica dello stato di un “selfmade man”, nato a Teheran in una famiglia povera, privo di significativi appoggi politici, economici, culturali, inaugurò davvero una pagina nuova nella storia di Israele, segnando il superamento della gloriosa stagione dei padri fondatori di origine mitteleuropea, e dando effettività e concretezza alla natura aperta e democratica della società israeliana. E, durante tutto il suo mandato, Katzav si è dimostrato, nella dimensione pubblica, un ottimo Presidente, coprendo la sua funzione con sobrietà e dignità, e rappresentando il suo Paese nel mondo con autorevolezza e decoro. Se è vero, come pare, che egli abbia abusato, in privato, del suo ruolo, approfittandone per compiere gravi reati, ciò getta una pesante ombra sulla sua persona, ma non scalfisce minimamente il prestigio della carica del Presidente, che, dalla rigorosa applicazione della legge e della giustizia, nei confronti di chiunque, non può che ricevere ulteriore forza: il Presidente di Israele è il Presidente di uno stato di diritto, e, in quanto tale, al diritto risponde e soggiace, come tutti. E chi, come il sottoscritto, ha avuto l’opportunità – con una delegazione della Federazione delle Associazioni Italia-Israele – di essere ricevuto, in visita privata, dal Presidente Katzav, continuerà a considerare tale incontro come un grande onore e privilegio.

Francesco Lucrezi, storico