Voci a confronto

La settimana scorsa su Repubblica è stato pubblicato un elenco di presunti evasori italiani; purtroppo nell’articolo – che questa rassegna non aveva ragione di esaminare – abbiamo letto parole che ci auguravamo tutti di non dover leggere mai più (e meno che mai in un grande quotidiano italiano): “Tra le famiglie con cognome di origine ebraica: Paserman, Eleonora Sermoneta e Gianfranco Graziadei”. Numerose sono state le indignate lettere di protesta inviate al direttore di Repubblica Ezio Mauro, ma purtroppo non risulta che egli abbia sentito il dovere di rispondere per giustificarsi (se fosse possibile) o per scusarsi. I direttori di altri grandi quotidiani, anche per colpe ben meno gravi, hanno spesso la correttezza di rispondere e magari di instaurare dialoghi che sono sempre utili per tutti. Tale buona norma non sembra invece rientrare fra le consuetudini di Repubblica, e ritengo doveroso segnalarlo su questa rassegna seguita da un gran numero di lettori abituali di tale quotidiano. Ed ancora in collegamento con quanto veniva scritto nei giorni scorsi è la risposta di Sergio Romano ad un lettore che giustamente critica l’affermazione di Messori: “intrusione violenta del sionismo”, già ripresa in questa rubrica; lo storico del Corriere, dopo aver impartito una breve lezione sulla storia dei paesi arabi dalla fine dell’impero ottomano, scrive, ignorando la realtà dei fatti: “dopo la fine della Seconda guerra mondiale ecco apparire nel mezzo del mondo arabo uno stato composto, prevalentemente, da immigrati europei. Vengono ad occupare una parte della Grande Siria in cui la comunità ebraica è stata solo una piccola minoranza religiosa”. In poche righe Romano cancella quanto era avvenuto dalla nascita del sionismo (preferendo fare un riferimento, in un altro punto della sua risposta, al” titolo di proprietà che risale all’Antico Testamento”), ed allargando il discorso alla Grande Siria trova comode ma assurde sponde per la sua ben nota posizione anti-israeliana. Il lettore che desiderasse leggere parole più edificanti si dovrà rivolgere al Foglio dove Giulio Meotti, unico nel mondo dei media italiani, ricorda i 20 anni dal secondo bombardamento su Tel Aviv (il primo, ricordiamo, fu opera degli italiani). Nel gennaio del 1991 39 scud di Saddam Hussein caddero sulla città costiera, cuore pulsante di Israele, mentre i cittadini giravano con le maschere antigas. Dopo averci fornito cifre sul riarmo di stati e movimenti nemici di Israele che dovrebbero far riflettere tanti “esperti”, Meotti svela notizie su quanto si sta progettando e costruendo nel sottosuolo israeliano, da tunnel ad ospedali e fabbriche, per permettere allo stato di sopravvivere al momento dell’attacco missilistico sempre più probabile. Dopo aver accennato anche ad una nuova generazione di scudo antimissile, non casualmente Meotti conclude con le parole del laburista Ephraim Sneh, figlio di uno dei fondatori del partito comunista israeliano: se “Teheran avrà l’atomica, sarà la fine del sionismo; 65 anni dopo Auschwitz non si può consentire ad un altro dittatore di cancellare Israele”. Ironica, per una volta, Fiamma Nirenstein che, sul Giornale, fa l’elenco delle asserite operazioni recenti del Mossad; l’avvoltoio spia in Arabia Saudita ha seguito di pochi giorni la vicenda della squalo addestrato a colpire solo i turisti non israeliani ed i topi che operano solo nelle case degli arabi; ma, a ben vedere, anche la Corte Internazionale che indaga sulla uccisione di Hariri è pedina del Mossad, la divisione del Sudan, gli scontri nello Yemen, le uccisioni dei cristiani in numerosi paesi e lo stesso abbattimento delle torri gemelle sono tutte azioni dei servizi segreti israeliani. Si tranquillizzi il lettore; non sono invenzioni di Fiamma, ma argomentazioni riprese da autorevoli fonti islamiche. Se arriverà alla luce una nuova versione dei Protocolli assicuro che informerò immediatamente i lettori di questa rubrica. Dopo il rapido rimpasto nel governo israeliano seguito all’uscita dal Likud di Barak e di altri ministri e parlamentari, Liberal scrive una breve analisi sulla nuova situazione nel mondo politico locale; non appare casuale la dura reazione di Tzipi Livni che vede sorgere nel centro dello schieramento parlamentare un pericoloso avversario. Il presidente russo Medvedev si è incontrato a Gerico con Abu Mazen, ed incontrerà ora il re giordano, dopo aver dovuto annullare i previsti incontri a Gerusalemme a causa di uno sciopero al ministero degli esteri. Giovanni Benzi ne scrive su Avvenire osservando che anche la Russia riconosce di fatto lo Stato di Palestina che, su un territorio che non presenti soluzione di continuità con la Striscia, abbia come capitale Gerusalemme est. Sempre su Avvenire, sotto un titolo che denuncia che un 17enne è stato ucciso da un tank israeliano (a causa del fatto che dei giovani stavano sistemando dell’esplosivo lungo il confine di Gaza), si dà spazio all’organizzazione Save the children che denuncia che i giovani sarebbero sempre di più nel mirino di Tzahal; farebbero meglio ad interrogarsi se la colpa non sia piuttosto da addebitare ai governanti palestinesi che hanno coscientemente scelto di mettere in pratica queste azioni che coinvolgono i giovani ed i giovanissimi. Ancora ieri altri 3 ragazzini sono rimasti feriti dallo scoppio di una mina nei pressi di una scuola, ma anche per questo episodio, apprendiamo senza stupircene, la colpa viene fatta ricadere sulla perfida Israele. E di perfida Israele, scrive anche Noam Chomsky su Internazionale, articolo ripreso da Giorgio Bernardelli su Avvenire; Israele come il Sud Africa? Tanti recenti episodi verificatesi in Israele, fino all’invito alle ragazze ebree a non accettare appuntamenti offerti da ragazzi arabi(non se ne spiega ovviamente la motivazione affatto di tipo razzista) giustificherebbero le accuse di apartheid. Nessuno, al contrario, si accorge che il futuro Stato di Palestina si sta già macchiando, lui sì, di questa colpa, e proprio per le affermazioni dei suoi massimi rappresentanti. Ancora numerose le analisi sugli avvenimenti della Tunisia; mentre quella di Trombetta su Europa appare viziata da approfondimenti molto lacunosi e servili verso chi il potere continua a conservarlo, più esplicita, anche se in un certo senso impressionante, è quella che si legge sul Riformista che intervista Mohammed Mursi, leader dei Fratelli musulmani egiziani; ne esce un confronto attento tra le situazioni, ancora diverse, a Tunisi ed al Cairo. Infine il Corriere riporta quanto succede in Francia dove l’anziano Stéphane Hessel, icona della rivoluzione locale, avendo visto cancellata la propria conferenza all’Ecole Normale, si è rivolto ad una folla molto più numerosa di suoi sostenitori nella piazza parigina del Panthéon. A parere del sottoscritto l’idea che venisse organizzato, in un’istituzione come l’Ecole Nationale, un dibattito autentico è del tutto condivisibile; certi luoghi non si dovrebbero prestare a diventare megafoni delle politiche di una sola parte, ma piuttosto centri di discussione e di approfondimento.
Emanuel Segre Amar