Combattere il negazionismo. Strumenti e strategie
Istituire una legge sul negazionismo. Professori universitari ed esponenti politici si sono confrontati ieri su invito dell’associazione di cultura ebraica Hans Jonas, nella sala del Capranichetta di Piazza Montecitorio, sulla proposta. Posizioni diverse e contrastanti sull’iniziativa giuridica ma concordi nel dichiarare guerra ai negazionisti e nel ribadire l’importanza della memoria. Il convegno, che ha tentato di chiarire i termini del confronto fra favorevoli e contrari alla legge, dal titolo “La Shoah e la sua negazione – Il futuro della Memoria in Italia” è stato presentato e coordinato da Tobia Zevi, dell’Hans Jonas, che ha deciso di partecipare al dibattito nonostante la scomparsa, questo sabato, della nonna Tulia Zevi, ex presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, proprio per onorarne il suo impegno civile.
Il dibattito si articolava in due sessioni: alla prima hanno preso la parola esponenti del mondo scientifico e culturale (Fulco Lanchester, dell’Università La Sapienza di Roma, Andrea Graziosi, dell’Università di Napoli, Simon Levi Sullam, dell’Università di Oxford e Saul Meghnagi dell’Istituto superiore per la formazione) e alla seconda è stato dato invece spazio agli esponenti politici italiani (con gli interventi del ministro della Giustizia Angelino Alfano, del presidente dell’Unione di Centro Pierferdinando Casini, di Benedetto Della Vedova di Futuro e Libertà per l’Italia e di Emanuele Fiano del Partito Democratico).
A chiudere le sessioni, dopo averne attentamente ascoltato i contenuti, è stato un convito sostenitore della legge sul negazionismo, il Presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, che ha ribadito la sua posizione chiarendo prima di tutto la necessaria distinzione fra diritto dell’opinione e negazionismo. “Affermare privatamente che la Shoah non sia mai esistita è un gesto riprovevole ma non è questo che ci interessa cogliere, bisogna combattere perché nel mondo accademico e nelle istituzioni pubbliche, questo diritto non venga permesso, è su questo ambito che si deve muovere la legge – ha spiegato il presidente della Comunità Ebraica di Roma. “C’è da dire – ha aggiunto Pacifici – che sarebbe necessaria una riflessione sugli errori di comunicazione commessi da noi ebrei: abbiamo spiegato chi siamo per mezzo della Memoria è stato un errore. Oltre alla legge bisogna prevenire l’ignoranza e spostare l’attenzione su altri aspetti dell’ebraismo italiano, che non è solo Shoah. Noi non siamo solo delle vittime, abbiamo una cultura e una storia molto più ampia che va recuperata”.
E’ stato il docente di Diritto costituzionale comparato alla facoltà di Scienze politiche della Sapienza, Fulvo Lanchester, ad aprire gli interventi della prima sessione, chiarendo per iniziare i contorni giuridici e lo stato della legislazione non solo italiana sul tema. Dopo questa dettagliata rassegna è passato ad esaminare nello specifico il caso italiano per giungere alla conclusione che nella nostra Costituzione sono già presenti delle leggi che contrastano la discriminazione razziale e le manifestazioni di intolleranza. Motivo per cui si è detto contrario all’istituzione di una legge ad hoc, il cui rischio per altro “è quello di portare l’attenzione dell’opinione pubblica verso persone che altrimenti non l’avrebbero” (timore questo portato alla luce anche in alcuni degli altri interventi che hanno caratterizzato la giornata).
A Lanchaster è seguito l’intervento del professore Andrea Graziosi, anche lui contrario a una legge sul negazionismo, che ha voluto sottolineare come questi fenomeni siano limitati, marginalizzati e già screditati dal mondo scientifico, prima di concentrarsi sul rapporto fra Storia e Diritto e in particolare sul rischio di una contaminazione dei due campi.
“Se il diritto dovesse dettare legge sulla Storia ne sarebbe inevitabilmente schiacciato e la politica rischierebbe di divenire solo un polemica basata sulla memoria”. La politica, secondo Graziosi, deve guardare al futuro e non al passato. “Certo – chiarisce Graziosi – è necessario continuare a studiare la Shoah come esempio di ciò che non deve più accadere e sui cui bisogna vigilare perché non accada mai più”.
Non concorda sulla “marginalità del fenomeno” Riccardo Pacifici che nel suo intervento conclusivo ha affermato: “Al professore Graziosi basterebbe dare uno sguardo in Internet per capire che il fenomeno non è poi così marginale”.
Il professor Simon Levi Sullam, dal canto suo, è dello stesso avviso del professor Graziosi, ritiene rischiosa l’idea di imporre delle verità di Stato, anche perché ciò sarebbe in linea con quanto fatto nella storia dai regimi totalitari. A riassumere l’intervento del professor Sullam le esplicative citazioni utilizzate per chiudere il suo intervento. Qualcuno ha detto “Il contrario dell’oblio non è Memoria ma Giustizia” Sullam non è d’accordo essendo dell’idea che “il contrario dell’oblio non è ne Memoria ne giustizia ma storia e ricerca”.
Ha concluso la prima sessione dell’incontro il professore Saul Meghnagi, che dopo aver costatato l’evidente preoccupazione sul tema, ha posto l’accento sulla formazione, necessaria per combattere il fenomeno alla radice, “la cultura e la conoscenza costituiscono il principio cardine di una democrazia – ha affermato – Bisogna riflettere oggi sulla macchina che produce l’intolleranza e non sui carnefici”.
“Negare la verità significa uccidere una seconda volta le vittime”, è con questa frase che il ministro della Giustizia Angelino Alfano, ha aperto la seconda sessione del convegno. La negazione della Shoah non è una mera opinione – ha poi spiegato il Guardasigilli – ma è il risultato di una operazione che si colloca all’opposto dei valori delle nostre democrazie”. A giudizio di Alfano quindi usare il diritto penale per combattere il negazionismo non è in contrasto con la Costituzione.
Per questo, ha offerto la sua disponibilità ad avviare ”un gruppo tecnico di lavoro” a cui ha invitato i promotori del convegno a partecipare per “valutare tecnicamente la scrittura materiale di una norma che affermi il reato di negazionismo”.
“Quello italiano è un lavoro serio di educazione, nessun Paese dedica una mole di iniziative così vaste al 27 gennaio e sono contento che possiamo discutere, seppur con posizioni differenti, sul tema di questa manifestazione”, con queste note di orgoglio il leader dell’UdC Pierferdinando Casini ha voluto salutare il pubblico e ringraziare per l’invito. “Le tesi giuridiche del ministro Alfano sono inattaccabili, sono certo che il nostro impianto giuridico sia conforme alla realizzazione di una legge contro il negazionismo, ma ritengo che una legge possa essere inefficace ed esprimo la mia preoccupazione per un simile provvedimento legislativo”. “Temo – ha spiegato Casini – la verità imposta dallo Stato, credo che tale verità possa creare un alibi proprio per quelle persone che vogliamo combattere, che se ne potrebbero servire come pretesto per affermare che vietiamo la ricerca storiografica, anche se di storiografico non c’è nulla ovvio”. “Sarebbe paradossale – prosegue il leader dell’UdC – che tali individui possano fare appello ai principi democratici chiedendo di stimolare la dialettica” .
“Vedo il caso Moffa – aggiunge – come un esempio terribile del decadimento delle nostre università è per questo che ritengo che vadano creati degli anticorpi culturali e sociali piuttosto che ricadere sulla scelta giuridica”.
Anche per Benedetto Della Vedova i rischi di una legge sono troppi alti e l’attenzione andrebbe spostata invece sulla presa di coscienza del ruolo ricoperto dall’Italia nella Shoah.
Emanule Fiano, peraltro figlio di sopravvissuti ad Auschwitz, nel suo intervento, invita a fare una valutazione di costi e dei benefici che una legge sul negazionismo apporterebbe. E lo fa invitando a ricordare ciò che accadde durante il processo allo storico britannico David Irving: “La Causa contro di lui gli ha procurato molti anni di palcoscenico, le tesi accusatorie e difensive si sono mosse su: conta di morti e metodi utilizzati, tutte questioni che hanno degradato, chi per un fine chi per l’altro il fenomeno. Trovo giusto aprire il dibattito come proposto dal ministro Alfano ma ritengo che una legge possa essere controproducente”. In conclusione Fiano vorrebbe che l’accento fosse invece posto sul fatto che “la Memoria non è una questione ebraica bensì italiana”. “Dobbiamo impegnarci – ha concluso – affinché la Memoria sia un patrimonio di tutti”.
Valerio Mieli