Questo oggi di oggi

Un mare sotto a noi. Ci viviamo come sopra a un antartide. In superficie, il ghiaccio, sotto acque pulsanti e invisibili. Viviamo su questo nuovo antartide come in una geografia terrestre comparsa in occasione del passaggio da ù un’era a un’altra – da durante la Shoah a dopo la Shoah. Sciagura comparsa per sempre, invece di scomparire. Proprio il contrario di quello che successe con i mostri giurassici che scomparvero per sempre e lasciarono spazio all’uomo. Ma il fatto è che l’uomo venne dopo, senza il ricordo dei loro denti, mentre quando in una vicina era primordiale apparve la Shoah, invece di uscire dal male e andarcene liberi nei giorni, successe di rimanere in una prigione che si apre e chiude a suo piacimento. Oggi è il 27 gennaio e sotto i nostri piedi si spacca la superficie. Il ghiaccio si spalanca. Onde sconosciute si alzano e ricadono – non lasciano nulla intatto, e non c’è scampo al ricordo. Lo sguardo è trascinato giù nei crepacci e quando finalmente raggiunge il punto finale e il tormento dovrebbe finire, si spalanca un abisso e inizia il male infinito.
Così, ogni anno sale una domanda fatta come il Mannishtannà della tavola di Pesach: perché questo giorno è diverso dagli altri? Domanda senza melodia, perché non è una festa di liberazione, ma la contemplazione dell’assenza della speranza. Al tempo di Mosè non fu mica così, dice il Tizio della Sera a sé stesso, anche per farsi un poco di compagnia. Oggi si è lacerato un pezzo di camicia di nascosto, in modo che quando va a comprare il pane, il commesso non se ne accorga. Oggi è un giorno che a lui viene freddo facilmente, il ghiaccio di tutto quel mare si rompe e spunta un freddo cane. No, dice il Tizio a sé stesso, non fu così al tempo di Mosè. Una simile sciagura non è mai piombata sul genere umano. Che sono le sferzate sulla schiena davanti alle piramidi, la fuga dall’Egitto, i carri di quelli che ci inseguono, i quarantanni nel deserto, rispetto a oltrepassare un cancello con scritto che il lavoro rende liberi? E come mai, si domanda il Tizio, assorto, che senza saperlo è in piedi davanti a un muro, come mai avviene che a differenza di tutti gli altri giorni dell’anno, oggi siamo schiavi di forze ignote alla consueta natura, e ciò che gli altri giorni dell’anno è una sensazione allontanabile con un cenno, oggi è un cataclisma irresistibile? Il cataclisma a un tratto si erge davanti a noi, come un fatto irrevocabile che continua a presentarsi. Come è possibile, ci si domanda ogni volta, che io, tu, noi, a un tratto si contenga una tale, imponderabile quantità di tristezza, quando gli altri giorni appaiono normali, e viviamo come se non ci fosse l’abisso? – Mentre l’abisso c’è.
Itgadal, veitcadash.

Il Tizio della Sera