Perché il 27 gennaio?

Mi permetto di portare due o tre considerazioni in favore della data scelta per il Giorno della Memoria, rafforzate anche dal confronto con i miei studenti a cui ieri ho provato a porre il problema.
A mio parere non esiste un momento che abbia a che fare specificamente con l’Italia dotato di altrettanto valore simbolico; il 16 ottobre è sentito come una data che riguarda esclusivamente gli ebrei romani, e se pure lo si potesse assumere come simbolo della Shoah italiana resterebbe comunque legato essenzialmente agli ebrei. Invece credo che sia importante non dimenticare che la giornata, come recita la legge 211 del 20 luglio 2000, invita a ricordare non solo “la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei” ma anche “gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.” Credo che sia un errore gravissimo, soprattutto per noi insegnanti, dare l’impressione ci interessiamo solo di quello che è successo agli ebrei. Invece Auschwitz è sentito, a torto o a ragione, come una cosa di tutti, un luogo dove sono state deportate persone di diverse provenienze e culture e, proprio per questo, un patrimonio di memoria collettiva. In fin dei conti, poi, la memoria della liberazione di Auschwitz è legata nell’immaginario comune alla testimonianza di Primo Levi, tra i pochi non evacuati e ancora presenti nel campo il 27 gennaio 1945. Credo che questa circostanza contribuisca a far sentire come propria dagli italiani (e in particolare dagli studenti) una data così strettamente legata all’opera di uno scrittore italiano.
Infine, credo che sia stata molto opportuna la scelta di una data che ricorda una liberazione, non l’inizio dell’orrore ma l’inizio della sua fine. Anche nella cultura ebraica i ricordi tristi non sono mai chiusi in se stessi: il Messia nascerà proprio il 9 di Av, nell’anniversario della distruzione del Tempio, e la lettura delle Lamentazioni deve concludersi con un verso di speranza. Allo stesso modo, pur senza negare la memoria del passato, il 27 gennaio apre una porta verso il futuro.

Anna Segre, insegnante