Qui Roma – Arte in Memoria alla sinagoga di Ostia

Jannis Kounellis, massimo esponente dell’Arte povera, l’ha popolata di pavoni e miriadi d’altri uccelli immersi in una grande voliera di ferro così da simboleggiare la grande vitalità della Diaspora. L’americano Sol Le Witt ne ha ricostruito in un muro curvo il cuore più sacro, quello che custodisce i rotoli della Torah, mentre Daniel Buren l’ha pavimentata di un nuovo tappeto a mosaico, bianco e nero come quello originale ma di gusto squisitamente contemporaneo.
A riprendere vita grazie alla poesia di queste visioni è la sinagoga di Ostia, una delle più antiche testimonianze dell’ebraismo diasporico, che dal 2002, in occasione del Giorno della Memoria, diviene teatro della manifestazione Arte in memoria. L’inaugurazione della sesta edizione è per questa domenica, 30 gennaio, alle 12, ma l’iniziativa resterà aperta fino al prossimo 3 aprile.
Ogni due anni l’iniziativa, a cura di Adachiara Zevi, chiama a raccolta artisti internazionali più e meno noti perché si confrontino con il tema della Memoria creando lavori appositamente per la sinagoga. Al termine di ogni edizione, alcuni di essi rimangono in loco a ricordare l’esperienza, primo embrione di museo di arte contemporanea in un sito archeologico.
“L’idea – racconta Adachiara Zevi – è nata dall’esperienza della sinagoga tedesca di Stommeln. Costruita nel 1882 in austero stile neo-romanico, è sopravvissuta in modo rocambolesco alla sua comunità. Riaperta al pubblico nel 1983 dopo un lungo e laborioso restauro, dal 1991 è divenuta un luogo espositivo che ogni anno, una volta l’anno, richiama un artista diverso”. Nella sinagoga di Ostia la manifestazione assume un intento differente. Gli artisti sono infatti chiamati ad animare e far rivivere questo luogo, così carico di memorie, attraverso una creazione radicata al tempo stesso nella storia e nell’attualità. Le opere sono dunque frutto di un percorso complesso e mai eguale che prevede una visita preventiva al sito, la scelta dello spazio su cui intervenire, l’elaborazione di un progetto, la sua realizzazione, l’esposizione e la convivenza con altri artisti e le loro opere, anche di segno diverso. “La richiesta – dice Zevi – non è quella di creare un’opera a tema o in memoria, ma di dare vita a un corto circuito tra il loro linguaggio e la sinagoga, concentrato di storia, memoria, arte e cultura. Ogni artista utilizza il suo linguaggio, che in quel luogo assume però un significato che altrove non potrebbe avere. E al tempo stesso si crea una simbiosi tra la sinagoga e l’arte contemporanea che restituisce alla vita questo spazio antichissimo”.
La Memoria diviene in questo modo parte integrante dell’ambiente ed evita di cristallizzarsi in una dimensione astratta o meramente cerimoniale. Così sollecitati gli artisti, tra cui in ogni edizione figurano alcuni giovani, mettono in scena un ventaglio ampissimo di suggestioni. C’è chi assume temi specifici a partire dallo spazio della sinagoga, come nel caso del tappeto a mosaico di Daniel Buren o della spagnola Susanna Solana che trae ispirazione dall’antico pozzo. E chi lavora sul simbolico, come Marco Bagnoli che nel 2009 ha proposto una lunga scala di Giacobbe levata in diagonale al centro della sinagoga istoriata dai nomi degli angeli. Insomma, una sorpresa costante per il visitatore che quest’anno a Ostia potrà ammirare le opere di Richard Long, esponente di primo piano della Land art; di Giuseppe Penone, noto per i suoi lavori con materiali presi dalla natura e di Liliana Moro.

Daniela Gross

(nelle immagini: in alto Spazio di luce di Daniele Penone, al centro Stella polare di Liliana Moro).