Qui Trieste – Con i bambini alla Risiera

“Francesco, 10 anni, entra per la prima volta tra le mura di grigio cemento che sovrastano ilrosso mattone della Risiera di San Sabba, l’unico campo di sterminio nazista in Italia. Bloc notes in una mano, penna nell’altra, ha un compito speciale nel Giorno della Memoria: scrivere un tema. Il piccolo cronista è affiancato da una schiera di compagni di classe, tutti armati di carta e penna, tutti con gli occhi vispi. Nel grande piazzale della Risiera si vedono ancora i segni del grande forno crematorio che i nazisti in fuga cercarono di eliminare nella notte tra il 29 e 30 aprile 1945. Nelle celle, che ancora oggi si possono vedere, sono passati migliaia di deportati, soprattutto prigionieri politici: in pochi mesi, tra queste mura, tra le tre e cinquemila persone hanno perso la vita. Per Francesco e i compagni della scuola Anton Lazzaro Moro il viaggio è cominciato stamattina da San Vito al Tagliamento (Pordenone). Per molti non è la prima volta a Trieste, ma sicuramente la prima in un campo di concentramento. Basta avvicinarsi un attimo ai piccoli reporter per capire che pensano. “Ci viene un po’ di rabbia”, dice Francesco. In classe la Shoah e le leggi razziali sono state già affrontate. Ma da vicino è diverso, e alla rabbia di Francesco si aggiunge la “malinconia, e anche tristezza” di un compagno di scuola conßla pelle scura. “Però questi fatti sono accaduti davvero”, insiste un terzo. La cerimonia prosegue con i discorsi delle autorità, e con ingenua ironia i bimbi sottolineano: “Dicono sempre le stesse cose”. Ma oltre al tema, dove finirà l’esperienza di oggi? “La racconteremo ai nostri amici, a chi non c’era”, rispondono in coro. La presenza di tanti studenti, piccoli e grandi, ha contraddistinto la cerimonia di Trieste. Il discorso del sindaco Roberto Dipiazza ha posto l’accento sull’ “elemento meno perseguito, quella specie di indifferenza o, peggio, disinteresse, di buona parte della popolazione civile che conosceva quanto di tremendo accadeva. L’indifferenza – ha detto Dipiazza – è stata la forma di complicità più perfida. Per questo motivo è bisogna sempre tenere alta la guardia”. Le preghiere, con il canto del rabbino di Trieste Itzhak David Margalit, che ha ricordato che “la cattiveria non può mai vincere”, hanno concluso la giornata a cui ha voluto partecipare anche Giuseppe Sincich, 84 anni, che fu internato in vari campi tra cui quello di Trieste. Ad appena 14 anni fu arrestato vicino ad Abbazia, ora Croazia: “Mi hanno caricato e portato diritto qua – ha raccontato -, per tre mesi e mezzo ho visto e saputo tutto quello che accadeva”.

Beniamino Pagliaro