È indispensabile una legge contro il negazionismo
Il negazionismo si contrasta con i mezzi dell’educazione e della cultura. Ma questa via non è alternativa a quella giuridica. Perché è allora indispensabile una legge che – come quella tedesca o quella francese – dichiari il negazionismo un crimine?
La questione del negazionismo non deve essere circoscritta al dibattito storico. I negatori perseguono una strategia precisa: amplificano un particolare, si appellano all’assenza di una parola, sottolineano la mancanza di una prova minima. Lo fanno per negare l’innegabile delle camere a gas. La loro non è né una tesi né una opinione. Il negazionismo nullifica la realtà condivisa nel dialogo da cui scaturisce la comunità democratica. In tal senso pregiudica il fondamento e il legame della comunità.
L’argomento della libertà di opinione, sollevato da chi in Italia si è dichiarato contrario alla legge, perde qui valore. Vorrebbe dire inscrivere il negazionismo nella razionalità del discorso democratico. È venuto però il momento di riconoscere che il negazionismo è un totalitarismo del pensiero perseguito in una salda continuità con il totalitarismo del passato. L’opinione dei negazionisti è la «verità» di Hitler. C’è complicità tra l’annientamento e la negazione, tra i nazisti di ieri e gli odierni «assassini della memoria» . Questo giustifica e motiva la richiesta di una legge anche in Italia, come ha sostenuto con forza Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma.
Dinanzi alla negazione della Shoah la libertà di opinione deve trovare un limite se si vuole salvaguardare la democrazia. Il negazionismo non rientra nell’ordine del pensiero. Non c’è quindi intrusione della legge. Per contro è necessario che la legge sanzioni coloro che oggi fanno apologia del crimine negandone l’esistenza e che così intendono offrire a Hitler una vittoria postuma. Chi parla di «menzogna su Auschwitz» deve essere passibile di condanna anche in Italia.
Donatella Di Cesare, filosofa