matrimoni…
La Giunta della Comunità Ebraica di Roma ha preso ieri una decisione importante: gli iscritti non dovranno più pagare la celebrazione di matrimoni in ore diurne. Fino ad ora era previsto il pagamento di una certa consistenza diverso per fasce orarie. Molte famiglie sperperano ingenti somme per feste e ricevimenti costosi (e non si vede perché non dovrebbero offrire qualcosa anche alla Comunità in queste occasioni), ma altre non si possono permettere neppure la tassa comunitaria. Il quadro sociale sta cambiando sotto vari aspetti: difficoltà economiche da una parte, riduzione consistente dei matrimoni dall’altra. La riduzione dei matrimoni incide negativamente sul futuro della Comunità e già se ne sentono le conseguenze sulla natalità e le frequenze scolastiche. Le Comunità devono prendere atto di queste variazioni e pensare a come gestirle, senza considerarle fenomeni ineluttabili. A questo punto pensare al matrimonio come occasione per esigere il pagamento di una tassa è decisamente improprio, mentre al contrario la Comunità dovrebbe mettere a bilancio incentivi per chi si sposa. La decisione romana si inserisce in questo pensiero. Nei secoli passati la preoccupazione delle Comunità era quella di frenare il lusso, cosa che faceva con l’imposizione di divieti (le norme “suntuarie”) che stabilivano il numero massimo di invitati, i limiti dell’abbigliamento, le carrozze e così via. Anche di questo ci sarebbe bisogno, ma è difficile imporre divieti. Ma trasformare il momento delle nozze in un’occasione di benvenuto, questo decisamente si può fare.
Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma