Qui Torino – Ebrei e partigiani
“In molte delle celebrazioni ufficiali per il Giorno della Memoria”, lo storico Brunello Mantelli nota “una sgradevole tendenza a distinguere tra le vittime e i ribelli”. “È una separazione da combattere”, secondo il professore. “Fa comodo, è facile essere amici delle vittime quando non costa nulla – spiega Mantelli – ma è importante ricordare che le vittime hanno la capacità di ribellarsi, e che gli ebrei d’Europa seppero esprimere, in forme diverse, questa capacità”. Nella direzione che sfata il mito della separazione di vittime e ribelli è pensata l’iniziativa organizzata dalla Comunità ebraica di Torino, intitolata I nostri partigiani ebrei. “Si inserisce nel ciclo delle attività di commemorazione collegate al Giorno della Memoria – spiega il presidente Tullio Levi – lungo un percorso che collega – non a caso – le date del 27 gennaio e del 25 aprile”. “Nell’anno del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia – prosegue Levi – a maggior ragione ci preme sottolineare la partecipazione degli ebrei, piemontesi in particolare, alla storia del nostro paese”.
La tavola rotonda allestita in onore dei partigiani ebrei che lottarono contro il nazifascismo vede innanzitutto la consegna degli attestati di benemerenza, da parte della Comunità ebraica di Torino, ai discendenti di due Giusti che salvarono la vita a famiglie ebraiche torinesi perseguitate. Da decenni la Comunità torinese è attiva in tale impegno di riconoscenza, come ha ricordato in occasione del Giorno della Memoria il consigliere Emanuel Segre Amar.
Vengono poi presentati due libri di recente pubblicazione: le memorie del partigiano Enrico Loewenthal, personalmente intervenuto per la presentazione, e un volume dedicato alla figura di Elia Levi, il cui autore è il capitano della Guardia di Finanza Gerardo Severino.
Tra i partigiani ebrei cui è dedicato l’incontro, in particolare viene ricordato Rinaldo Laudi: la nipote Luciana Laudi racconta al pubblico le vicende di Rinaldo, medico chirurgo della Comunità ebraica di Torino che perse la vita nella lotta partigiana in provincia di Piacenza, nelle file della prima divisione di Giustizia e Libertà. A Laudi, recentemente, era stata dedicata una sessione del convegno Resistenza e medici nel piacentino: “si faceva trovare là dove il dovere di chirurgo e partigiano lo chiamava”, riporta una testimonianza, “lo ricordiamo per il suo alto ideale di umanità”.
“Nella tradizione ebraica assistere il prossimo in difficoltà è un merito importante, ma nello stesso tempo esiste, da parte di chi ha ricevuto l’aiuto, il dovere della gratitudine e della riconoscenza”, recita il messaggio fatto pervenire da rav Alberto Somekh. “Questa sera onoriamo, con un atto simbolico di riconoscenza, coloro che durante la guerra si prodigarono per salvare due nostre famiglie dalla deportazione”. I benefattori, ai cui discendenti sono stati consegnati gli attestati di benemerenza, sono Giovanni e Margherita Olivieri e Genoveffa e Giovanni Blengino. Commossi, Rossella Tedeschi e Ferruccio Nizza, appena infanti all’epoca della guerra, hanno avuto modo di ringraziare personalmente e pubblicamente le coraggiose famiglie cui devono la vita.
“Rinnovo pubblicamente a Giuseppe, figlio di Giovanni e Genoveffa Blengino, il commosso ringraziamento per aver salvato i miei genitori e me, a rischio della vita di tutta la loro famiglia”, ha dichiarato Ferruccio Nizza, il quale ha poi esteso il ringraziamento, tramite il sindaco di Novello signor Roberto Passone, a “tutti gli abitanti del Borgo Panerole, che condividono con i Blengino la benemerenza di aver salvaguardato la dignità umana”.
Anche Rossella Tedeschi ricorda con commozione i suoi primi anni di vita, che hanno potuto avere un seguito grazie alla famiglia Olivieri. I nipoti presenti si dicono “orgogliosi di essere qui oggi; al tempo della guerra non eravamo ancora nati, ma grazie ai racconti di genitori e nonni è come se avessimo vissuto quell’esperienza: un filo indissolubile ci lega, è un fatto che ci siamo portati nell’anima, e che a nostra volta tramanderemo alle prossime generazioni”.
Terminate le consegne, si passa a presentare i due libri oggetto dell’incontro. Mantelli introduce gli autori: di Enrico Loewenthal, autore di ‘Mani in alto bitte, memorie di Ico partigiano ebreo’, lo storico sottolinea l’identità composita. “Partigiano, ebreo e tedesco: tutti e tre questi elementi sono rivendicati da Loewenthal già nel titolo”. L’autore racconta al pubblico “alcuni momenti indimenticabili della mia esperienza nella Resistenza: ricordo con commozione, per esempio, il momento in cui, alla fine della guerra, rividi dopo molto tempo i miei genitori sulla piazza di Cavoretto”. Racconta poi, sfoderando notevoli doti di narratore e intrattenitore, un grande bluff che perpetrò ai danni di un battaglione tedesco, convincendo ad arrendersi oltre centonovanta soldati nazisti.
L’altro volume presentato, Dalla vetta dell’Italia all’abisso di Auschwitz, racconta la storia di Elia Levi, finanziere ebreo di Saluzzo espulso dal corpo dopo l’avvento delle leggi razziali. Interviene anche l’anziano cugino Isacco Levi, a ricordare la figura del suo congiunto. “È un fatto importante – commenta Mantelli – che l’autore di questo libro sia un capitano delle Fiamme gialle, Gerardo Severino”. Costui infatti rappresenta un’istituzione dello Stato che cerca di riabilitarsi dopo l’onta della sottomissione al fascismo. “La Guardia di Finanza, nel momento in cui ha applicato le leggi razziali promulgate dal governo fascista, ha tradito i cittadini italiani ebrei. Si tratta della pagina più buia della sua storia”, spiega il capitano Severino.
Manuel Disegni