Chi impara e chi insegna?
Questi giorni schiacciati tra un quadrimestre e l’altro nella mia scuola sono stati dedicati ad attività organizzate e gestite dagli studenti (un tempo definite autogestione, poi cogestione, poi giornate dello studente, e infine assemblee degli studenti). Nulla di irregolare: si è scelto di accorpare in quattro giorni di seguito le assemblee d’istituto mensili a cui gli alunni hanno diritto per legge. Eppure le giornate hanno registrato qualche malumore, da parte di insegnanti, genitori e persino studenti. In particolare, mi ha colpito un curioso paradosso: quegli stessi miei colleghi che sopportano stoicamente ogni genere di cavillo burocratico, le lezioni interrotte per i motivi più bizzarri e molte altre cose, si lamentano del tempo perso quando i loro alunni vanno ad ascoltare un giornalista che discute sulla libertà di stampa e sul diritto alla privacy, uno storico che analizza la società italiana negli ultimi 150 anni, un avvocato che illustra le leggi italiane relative a immigrazione e cittadinanza. Non credo che questi miei colleghi siano così ottusi da pensare che un’ora spesa a studiare l’ablativo assoluto sia più formativa di un’ora trascorsa a discutere sulla mafia. Credo che, semplicemente, si fatichi ad accettare l’idea che si possa rovesciare il consueto rapporto docenti-allievi: va bene l’esperto che parla di mafia, ma solo se è stato il docente a farlo venire.
E’ scritto nei Pirkè Avot che bisogna chiamare maestro chi ci ha insegnato anche una sola parola o addirittura una sola lettera. Noi insegnanti sappiamo bene che, secondo questo criterio, sono nostri maestri tutti gli alunni che abbiamo avuto, nessuno escluso: non solo per le osservazioni acute o le domande spiazzanti, ma anche per le difficoltà, i dubbi, le ribellioni, che ci costringono a rimetterci quotidianamente in discussione. Essere maestri, però, implica anche responsabilità, che non tutti sono disposti ad assumersi: a volte è più comodo pensare che tutto dipenda dagli insegnanti e che ogni insuccesso sia colpa loro; per questo alcuni studenti non sono troppo entusiasti quando i loro compagni si dimostrano capaci di gestire per qualche giorno l’intera scuola.
Anna Segre, insegnante