Mediterraneo – Il rischio del caos

Non è ancora chiaro se alla fine delle preghiere del venerdì mattina nelle moschee del Cairo, riprenderanno i disordini di Piazza Tahrir o meno. Gli appelli del Presidente degli Stati Uniti Barak Obama perché Mubarak lasci immediatamente la sua poltrona, non sorprendono più ma lasciano egualmente un sapore amaro in bocca. Si liquidano così gli amici degli Stati Uniti? E cosa succederebbe in Egitto se Mubarak prendesse sul serio le parole di Obama che getta alle ortiche il vecchio amico? Probabilmente il paese cadrebbe nel caos o più precisamente nelle mani di Baradai e dei Fratelli Mussulmani che in nome di una pseudo democrazia stabilirebbero un regime islamico anti-occidentale. Tutto il Medio Oriente attende l’esito della rivolta egiziana. Nel Libano l’Hizbollah è riuscito a strappare una maggioranza parlamentare grazie a Nabil Beri e si prepara a respingere il verdetto della Corte dell’Aja sull’assassinio di Rafik Hariri. Nello Yemen che come è noto domina l’imbocco del Canale di Suez, il Presidente ha promesso di non ripresentarsi alle prossime elezioni fra due anni. In Giordania Re Abdalla II ha discusso ieri coi Fratelli Mussulmani sui prossimi sviluppi. Un regime islamico in Giordania sarebbe disastroso per la democrazia, e per il Trattato di pace con Israele.
La Russia meno affascinata dalle chimere della democrazia di Obama, gli hanno dato una lezione di alta politica. Hanno taciuto fino a ieri senza prender posizione nelle dispute interne egiziane, e ieri con una telefonata del Presidente Medvedev a Mubarak hanno ribadito la loro amicizia. L’Unione Europea ha richiesto che vangano protetti i dimostranti.
Per quanto concerne il cosiddetto rischio Egitto, non si può constatare nessun effetto diretto sull’economia mondiale dovuto alla crisi egiziana. Certo la chiusura del Canale di Suez avrebbe gravi conseguenze ma per il momento il Canale è aperto, il gas arriva in Israele e le esportazioni di petrolio continuano regolarmente. I prezzi del petrolio sono aumentati lunedì scorso toccando 92,19 dollari al barile, ma si deve considerare anche la conseguenza di un dollaro che sta perdendo di valore.
Non credo che si possa azzardare qualche previsione in questa situazione di incertezza. Per l’Occidente lo scenario migliore sarebbe che Mubarak rimanga al potere per i prossimi tre mesi permettendogli un’uscita di scena dignitosa. Le ingiunzioni americane ed europee in nome della democrazia rimarranno lettera morta. Piazza Tahrir verrà ripulita e le masse egiziane continueranno a soffrire per la loro povertà. Forse il nuovo Governo egiziano sarà più sensibile all’enorme divario economico e cercherà dei palliativi per mostrare un certo interesse in favore dei ceti meno abbienti. Il divario economico fra ricchi e poveri sebbene in proporzioni ben diverse, sussiste non dimentichiamolo, anche in Israele, dove aumentano i prezzi del pane e della benzina proprio mentre si parla di diminuire le tasse agli scaglioni più elevati.

Sergio Minerbi, diplomatico