Dall’altra parte del vetro – La cucina della tolleranza

Pieno centro di Roma. Una trattoria mette in mostra dietro una vetrata lo chef e i cuochi che preparano piatti succulenti. Così i clienti possono guardarli e magari poi riprodurre la ricetta, passo dopo passo, a casa. “Forse non sarà proprio la stessa cosa, ma l’importante è provarci”, si dicono tra sé e sé. Ormai lo chef in vetrina è diventato un trend capitolino, Repubblica gli ha dedicato un bell’articolo la scorsa settimana. Guardando da vicino questo fenomeno ho pensato che se ci fosse, al posto dello chef nostrano, dietro a quel vetro uno chef egiziano, francese o giapponese, i clienti potrebbero imparare della cucina e magari della cultura di chi è dall’altra parte. Pensiamoci per un attimo, non cediamo all’indifferenza di chi non guarda mai il volto del pizzaiolo e magari si lamenta perché sulla pizza ci sono poche alici. Non accontentiamoci sempre del piatto bell’e pronto, chiudiamo gli occhi. Immaginiamo per un attimo di vedere dal vetro di una cucina, le nostre mamme o la nostre zie che fanno i carciofi alla giudia, o la concia di zucchine. Sarebbe uno spettacolo meraviglioso, per scavare nelle nostre radici. Ebbene: in Italia ci prendiamo cura dei nostri prodotti (ci sono persino delle leggi che regolano le percentuali degli ingredienti della pasta e del pane), ma conosciamo le usanze, la cucina, la cultura del nostro vicino di casa? No, forse abbiamo mangiato qualcosa di orientale o giapponese, ma non siamo mai stati in cucina con un giapponese che prepara il sushi. Una volta un caro amico vietnamita mi portò a cena in un ristorante cambogiano: su ogni tavolo era allestita una piccola cucina. I camerieri servivano dei prodotti crudi e noi potevamo cuocerli ed elaborarli a nostro piacimento. Bene, io, come le persone che erano con me, non sapevo da dove iniziare. Così il mio amico vietnamita mi guidò nella cottura delle verdure e della pasta di riso, raccontandomi storie meravigliose sui suoi amici cambogiani, e sulle cucine delle loro mamme. Restammo più di due ore ai fornelli, poi seguì un libro di cucina, e un romanzo di un noto autore cambogiano. La cultura passa per la tavola, guardate e imparate…

Sharon Di Nepi, ingegnere