Chiusure e aperture
Gli ebrei nel mondo si sentono in pericolo. La storia e l’attualità giustificano queste preoccupazioni. La sopravvivenza di Israele, fondamentale per ognuno di noi, non è scontata. A queste paure legittime come si reagisce? E come lo si fa efficacemente? A mio parere gli atteggiamenti possibili sono due, chiusura e apertura.
I fatti. Francia, gennaio 2011. Un grande intellettuale di 93 anni, Stéphane Fréderic Hessel – ex partigiano, deportato a Buchenwald, estensore della Carta dei Diritti dell’uomo, professore – scrive un pamphlet fortemente anti-israeliano, «Indignez-vous», in cui propugna il boicottaggio delle merci prodotte in Israele, una campagna tristemente comune in vari paesi europei. Il libro è un enorme successo editoriale e l’autore promuove un incontro pubblico all’Ecole Normale di Parigi, la sua università. Il CRIF, l’Unione delle comunità ebraiche francesi, protesta con l’ateneo e l’appuntamento viene cancellato. Ovviamente l’incontro si sposta in piazza – compreso l’energico novantatreenne! – con prevedibile aumento di partecipanti e inni alla libertà di espressione.
Pochi giorni dopo, sempre Francia. In occasione del cinquantenario della morte, Louis-Ferdinand Céline è inserito dal Governo nell’elenco delle commemorazioni per il 2011. Scrittore di valore universale, Céline fu anche antisemita dichiarato e odioso, in particolare nel suo «Bagattelle per un massacro», scritto oscenamente mentre gli ebrei venivano deportati nei campi di sterminio. Questa volta a protestare è l’«Associazione dei figli dei deportati ebrei»: l’autore viene rimosso dal volume già stampato e – invece di spiegare in un convegno perché un grandissimo scrittore assunse posizioni così vergognose – le iniziative sono annullate.
Ritengo che il boicottaggio di Israele sia profondamente sbagliato e ingiusto. E, ovviamente, considero del tutto immorali le tesi antisemite di Céline. Ma la domanda è: le prese di posizione delle istituzioni ebraiche, in questo caso quelle francesi, hanno fatto del bene agli ebrei? Secondo me no. Anzi. Io penso che abbiano alienato simpatie e consensi. Atteggiamenti muscolari e di chiusura sono rassicuranti ma, alla lunga, certamente dannosi.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas