Qui Roma – Lettera a un amico antisionista
“Chi si professa antisionista è semplicemente antisemita”, questa la tesi di fondo della Lettera a un amico antisionista di Pierluigi Battista, che ha voluto gettare luce su questa forma di antisemitismo, sempre più presente nella società contemporanea. Il libro è stato presentato al Caffè letterario di Roma, su iniziativa della Comunità ebraica capitolina.
Hanno preso parte all’evento il presidente della Comunità, Riccardo Pacifici, e il presidente della Rcs libri, Paolo Mieli, presentati dalla giornalista Ester Mieli, che hanno sottolineato l’estrema attualità dei temi trattati dal libro. Presenti anche il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna, e la presidente della Consulta della Comunità romana, Elvira Di Cave.
L’autore combatte su due fronti: quello dell’identificazione dell’antisemitismo con l’antisionismo e quello “dell’ossessione maniacale” per la demonizzazione dello Stato israeliano. E così secondo un modello figlio della Guerra Fredda l’ebreo incarna il cattivo, il paradigma dell’esecutore e il palestinese il simbolo della vittima, la sintesi di tutti i dannati della terra. È evidente che l’ossessione deriva dalla pulsione antisemita e Battista la smaschera evidenziando nel sistema di giudizio una falla logica centrale: il doppio standard: «… niente Somalia, niente Eritrea, niente Sri Lanka, niente Kashmir, niente Ossezia del Sud … il tuo spaventoso doppio standard (che) ti fa tacere sui milioni di displaced persons di cui il mondo è pieno ma di cui Israele non è colpevole… Forse scendete in piazza per gli uiguri? …Vi incatenate per il Darfur, fate marce per la liberazione del Tibet e del Kirghizistan?».
Il dibattito che si è sviluppato ieri sera, in pieno spirito ebraico, aperto al confronto e alle libere opinioni, ha permesso di prendere la parola anche a coloro che fra il pubblico si definivano “Sì contrari agli estremisti che bruciano le bandiere israeliane ma attenti alla sofferenza del popolo palestinese”, di cui è stata contestata l’assenza nel libro di Battista.
Tali tesi argomentate con i soliti luoghi comuni del palestinese povero disarmato di fronte al potente esercito israeliano che fa da padrone in Medio Oriente, hanno dimostrato quanto la società odierna necessiti di conoscere e riflettere sulla realtà dei fatti e di libri come questo.
Paolo Mieli si è opposto alle osservazioni “filopalestinesi”, scaturite da una domanda dal pubblico, invitando a riflettere sul fatto che della questione palestinese non si sia mai parlato prima del ’67 e che quando se ne parla lo si fa al solo scopo di demonizzare Israele e non pensando realmente alla condizione dei palestinesi. A tale proposito ha affermato: “E’ possibile che io riesca a trovare, con onestà intellettuale, errori commessi dallo Stato israeliano e coloro che difendono i diritti dei palestinesi non trovino nemmeno una cosa giusta nella politica di Israele?”. “Possibile che le critiche verso lo Stato israeliano siano sempre al 100 per cento? – ha insistito Mieli – in tutto questo c’è qualcosa che non torna, questa non è onesta intellettuale”.
Alle parole del presidente della Rcs ha fatto eco Pierluigi Battista affermando: “Come è possibile fare la pace con i palestinesi quando lo Statuto dell’Autorità palestinese agli esordi si è basato sull’idea che Israele non ha diritto di esistere?”.
Il presidente della Comunità Riccardo Pacifici in maniera ancora più diretta ha risposto all’invito di andare a visitare i Territori palestinesi proposto dal “difensore della causa palestinese”, e accettando senza indugi ha affermato: “Accetto senz’altro di venire con lei, e se riuscirà a farmi entrare sono pronto a ringraziarla pubblicamente. Se solo fosse possibile per me, presidente di una Comunità ebraica entrare in quei Territori, se permettessero a me italiano, con un passaporto timbrato più volte in Israele di accedere a Gaza city, ne sarei ben felice e propongo dopo questo viaggio, se veramente le sta a cuore la condizione palestinese, di pensare alla situazione delle donne in quei luoghi e poi andiamo assieme a visitare le carceri. Visitiamo le carceri israeliane dove sono detenuti i terroristi palestinesi e se lei ci riesce mi porti a visitare il soldato israeliano rapito Gilad Shalit”.
Vari gli episodi paradossali di trattamento non imparziale degli ebrei e di Israele citati nel libro e ripresi durante il dibattito.
Fra gli altri il motivo ispiratore del libro: “L’idea di scrivere questo testo ce l’avevo da tempo – ha spiegato Battista nel suo intervento – ma ho iniziato a svilupparla all’indomani dei fatti della Freedom Flottilla, quando il giorno dopo l’accaduto, con viva sorpresa, navigando fra i siti dei cosiddetti pacifisti, non ho visto altro che manifesti negazionisti, incitamento all’odio e allo sterminio del popolo ebraico, ho visto solo citazioni di testi di Faurisson di Irving e inviti a cancellare il Dario di Anna Frank, possibile che nessuno ne abbia parlato?”. “E – ha aggiunto – cosa ben più grave, il giorno dopo l’assalto alla nave turca c’è stato il tentativo di assalto nel Ghetto di Roma, è assurdo”.
“L’unico Stato cui non è riconosciuta la legittimità a esistere è lo Stato israeliano, gli errori di Israele sono crimini contro l’umanità e nella ricerca della salvezza del popolo palestinese la soluzione è che Israele scompaia dalla carta geografica”, anche questo tema viene trattato da Pierluigi Battista, che non si capacità del come in casi analoghi ciò ovviamente non sia avvenuto. “Chi in Cecenia lotta per l’indipendenza non chiede l’annientamento dello Stato russo. L’Algeria nel chiedere l’indipendenza dalla Francia non ha mai chiesto di radere al suolo Parigi e tutti i parigini, gli irlandesi non sono contro il diritto all’esistenza della Gran Bretagna – questo sbilanciamento è questa assenza di obiettività è il principio ispiratore del libro e lo stimolo a riflettere sull’assenza di imparzialità nei temi che riguardano Israele.
Valerio Mieli