Rav Sizomu: “La mia campagna elettorale in Uganda”
Il primo rabbino a sedere tra i banchi di un parlamento africano potrebbe farlo, dalla primavera prossima, in Uganda.
Paese che in qualche modo la storia ha legato al popolo ebraico. Mentre il sesto Congresso sionista, nel 1903, discuteva la proposta dell’allora Ministro inglese delle Colonie Joseph Chamberlain di assegnare agli ebrei un territorio dell’Africa orientale tra l’Uganda e il Kenya, in quelle terre una tribù Bantu, per lo più ignara degli accadimenti di Basilea, scopriva l’ebraismo. Il suo leader militare Samei Kakungulu, venuto a contatto con gli inglesi verso la fine del XIX secolo e convertito al cristianesimo, cominciò a studiare le fonti bibliche e decise che la sua via sarebbe stata l’ebraismo. Convertì e circoncise se stesso, i suoi figli e tutta la tribù. Cominciò così la vicenda ‘para-ebraica’, direbbe qualcuno, di un gruppo di agricoltori africani, che nel corso del Novecento, attraverso contatti con altre realtà correligionarie, perfezionò la propria condotta di vita ebraica costruendo sinagoghe, attenendosi alle regole della kasherut e dello Shabbat. Dalla fine del secolo scorso sono cominciati a arrivare i primi riconoscimenti ufficiali da parte di autorità religiose reformed e conservative, e il loro percorso procede, in alcuni casi anche verso l’ortodossia.
Questa comunità prese il nome Abayudaya. Il suo leader attuale si chiama Gershom Sizomu. Dal 2008 Rabbi Gershom Sizomu.
Quarantanne, impegnato nel sociale e talentuoso chitarrista, Sizomu ha infatti da poco ultimato il corso di laurea specialistica alla American Jewish University di Los Angeles. Un percorso di alti studi rabbinici di cinque anni che l’ha portato a conseguire il titolo di rabbino, il primo dell’Africa subsahariana ordinato in una scuola rabbinica americana dalle autorità Conservative.
Ritornato in Uganda con la moglie Tziporah e i tre figli ha aperto una Yeshivah nella città di Mbale. Ha ripreso le redini della Comunità Abayudaya e l’ha trainata all’interno del circuito assistenziale ebraico internazionale Be’chol Lashon, che ha consentito un rafforzamento strutturale e spirituale di quella Comunità.
Rav Sizomu, in un momento di rinascita della sua Comunità, cosa l’ha spinta a candidarsi alle elezioni politiche, che si terranno il prossimo 18 febbraio prossimo venturo, nelle fila del Partito per il cambiamento democratico?
Credo che sia di vitale in portanza per l’Uganda, e quindi anche per la mia comunità, che ci abita, che dopo molti anni di malgoverno tornino a essere veramente rappresentati in Parlamento gli interessi del popolo. In virtù della lunga esperienza di lavoro nel sociale (Gershom Sizomu ha collaborato alla costruzione di un centro sanitario nella sua città, Mbale, e divide il suo impegno tra la sinagoga Moshè, fulcro della comunità ebraica, e il nuovo ospedale, ndr) e della preparazione conseguita studiando in America, credo di avere la responsabilità di mettere le mie competenze al servizio di tutti.
Quali sono i primi progetti che intende portare avanti, una volta eletto?
La priorità assoluta, di cui ho fatto li nucleo del mio programma elettorale, è portare dei servizi sociali sul territorio della mia circoscrizione. Beni primari quali l’assistenza sanitaria e l’istruzione devono raggiungere al più presto un alto livello qualitativo e devono essere resi accessibili a tutti i cittadini.
Lei potrebbe essere il primo parlamentare rabbino al di fuori dello Stato d’Israele. Uno dei suoi cavalli di battaglia è quello della tolleranza religiosa.
Guardi, quando sono nato io, negli anni Settanta, l’Uganda era governata – o per meglio dire dominata – da un despota sanguinario: Idi Amin Dada. Gli ebrei d’Uganda furono uno dei gruppi etnico-religiosi più perseguitati da questa terribile dittatura (da cui è stato tratto il film L’ultimo Re di Scozia, ndr), e la comunità Abayudaya fu letteralmente decimata. Resistette uno zoccolo duro di trecento ebrei. Oggi i membri di Abayudaya sono più che triplicati: a questa ripresa io ho dedicato una gran parte della mia vita. Quando cominciavo a studiare da rabbino, mi occupavo anche dell’organizzazione della comunità e dirigevo le attività giovanili. Politicamente mi sono formato, diciamo, nella resistenza alle persecuzioni. Da tale dolorosa esperienza ho capito l’importanza della tolleranza religiosa e ne ho fatto un mio principio guida.
Da questo punto di vista, qual’è oggi la situazione dell’Uganda?
Rispetto al precedente regime, la vita delle minoranze e indubbiamente migliorata. Tuttavia la battaglia per l’emancipazione delle minoranze religiose non è affatto terminata. In quest’ottica credo che sia fondamentale lavorare sui buoni rapporti tra le varie comunità e sul dialogo interreligioso. In questi anni ho avuto occasione di cooperare con musulmani e cattolici, intrattenendo sempre ottimi rapporti. Il coordinatore della mia campagna elettorale, per esempio, è un leader della comunità islamica: già questo per me è un grande risultato.
Se diventerà deputato, riuscirà ancora a occuparsi della Comunità ebraica?
Di sicuro non a tempo pieno come oggi. Ma è proprio per formare giovani rabbini che possano affiancarmi e un giorno sostituirmi che ho istituito una Yeshivah
Quali sono le maggiori difficoltà quotidiane che incontra il leader di una Comunità ebraica nell’Africa nera?
Innanzitutto la mancanza del materiale rituale: non abbiamo certo negozi dove acquistare tefilin, talitot, mezuzot, le quattro specie per fare il lulav a sukkot. Anche rimediare un libro di preghiera può essere un’impresa.
Quali invece le soddisfazioni che riserva questa sfida?
Vedere che, nonostante le avversità, la nostra comunità continua a cercare di vivere concretamente il proprio ebraismo. Ogni volta che è necessario – racconta Sizomu non senza una punta di fierezza – riusciamo a raggiungere il minyan (la quota minima di persone necessaria per la celebrazione del rito).
É vero che ottenere il pieno riconoscimento da parte del mondo ortodosso è tra gli obiettivi della Comunità di Abayudaya?
A noi interessa l’ebraismo, non i giochi politici che vi stanno dietro.
Manuel Disegni