Qui Milano – Grandi religioni, il tempo del dialogo
“Nel Trattato dei Padri è scritto che colui che afferma: ‘Ciò che è mio è mio, ciò che è tuo è tuo’, è portatore di una posizione intermedia, di non belligeranza. Ma un’altra interpretazione sostiene che questa sia invece la visione del mondo di Sodoma. Perché quello che sembra essere un principio di buon senso viene accostato addirittura a una città così tristemente nota per la sua violenza?”. Partendo da questo interrogativo rav Giuseppe Laras è intervenuto al convegno “Grandi religioni: il tempo del dialogo” organizzato dal Sole 24 ORE. All’evento, moderato dal direttore Gianni Riotta hanno preso parte, oltre al Rabbino capo emerito della Comunità ebraica di Milano, Franco Giulio Brambilla, vescovo ausiliare di Milano per la cultura e l’ecumenismo, Khaled Fouad Allam, docente di sociologia del mondo musulmano, il pastore valdese Paolo Ricca, Giuliano Boccali, professore di Indologia dell’Università degli Studi di Milano, e Giovanni Filoramo, professore di Storia del cristianesimo a Torino, e curatore della collana “Le grandi religioni” che sarà in edicola col Sole a partire da domenica 13 febbraio.
“Un’interpretazione così forte – ha sottolineato rav Laras – vuole metterci in guardia sull’assoluta necessità del dialogo con l’altro, dello sforzarci di accoglierlo, cosa sempre difficile, perché ciascuno vuole bene a se stesso. Per questo motivo il Trattato prosegue dicendo che chi invece afferma ‘Ciò che è mio è tuo e ciò che è tuo, è mio’ contribuisce al consolidamento della società”.
Dialogo, confronto, accoglienza dell’altro, materiale e spirituale. Temi quanto mai attuali in un’epoca difficile come quella che sta attraversando il mondo dei primi anni del XXI secolo. “Secondo il mio parere la religione può e deve occupare lo spazio pubblico – ha detto in proposito monsignor Brambilla – A patto però che si sappia mantenere un’identità aperta, e il dialogo sia qualcosa di attivo, perché questo può aiutarci a ricreare un’etica all’interno della nostra società”. “Mantenere un’identità aperta è però più difficile di quello che sembra – ha puntualizzato Paolo Ricca – il confronto identitario non deve avere come oggetto soltanto il rapporto con gli altri, ma anche il nostro stesso modo d’essere, che è per natura in continuo divenire. E penso che dialogare significhi soprattutto ascoltare gli altri, più che dibattere”.
Il dialogo interreligioso diventa così uno strumento per garantire una società accogliente e non escludente, in cui non ci si limiti a tollerare che l’altro esista senza volerlo cancellare, ma si sia invece capaci di imparare qualcosa.
D’altra parte si affaccia sempre più forte anche il tema del dialogo “intrareligioso”, cioè quello tra i vari modi di concepire uno stesso credo. Questione da sempre molto delicata nel cristianesimo, e che oggi si fa particolarmente pressante nell’Islam, come ha ricordato una signora del pubblico, rivolgendosi al professor Allam. “Dal mio punto di vista il problema più grande dell’Islam odierno è che negli ultimi decenni abbiamo assistito a uno scollamento totale tra la religione come complesso normativo di precetti da adempiere e la sua dimensione storica e culturale – ha spiegato – In questo modo è stato distrutto il ponte che legava l’Islam alla cultura e il risultato è il fondamentalismo. Questo meccanismo porta gravi pericoli”.
Se la prima missione del dialogo interreligioso deve essere conoscere l’altro, l’intervento del professor Boccali è stato particolarmente utile, come hanno sottolineato in molti, perché ha permesso di sfatare alcuni luoghi comuni sull’induismo, che lo descrivono come un credo attento esclusivamente alla spiritualità. “L’uomo indù ha tre scopi da raggiungere nella vita: in gioventù deve perseguire il piacere, in età matura deve concentrarsi sulla carriera, e solo quando vede girare per casa il primo nipotino maschio, deve ritirarsi dagli affari per dedicarsi alla preghiera e alla meditazione” ha raccontato.
E proprio per consentire di conoscere meglio le religioni, e capire con quali valori esse possano contribuire all’etica della nostra società, Giovanni Filoramo ha auspicato che uno spazio dedicato al confronto tra i credi possa essere trovato anche nelle scuole.
“In giornate come queste, in cui noi giornalisti passiamo il tempo a vivere e raccontare la crisi di valori in cui siamo immersi – ha concluso Gianni Riotta -vedere tanta gente fermarsi fino a tardi a discutere di questi temi rappresenta davvero un’iniezione di fiducia”.
Rossella Tercatin