Facebook – Arma contro i regimi e passione dei giovani
Dal 2007 fra i dieci siti più visitati al mondo. Oggi al secondo posto, dietro al gigante Google, nella graduatoria del traffico dei siti mondiali, almeno secondo Alexa, una delle compagnie più autorevoli che si dedicano all’analisi del mondo del web, Facebook, rete sociale globale che in pochi anni ha rivoluzionato il mondo della comunicazione continua a far discutere.
Da strumento di banale socializzazione fra giovani, oggi è divenuto anche lo strumento per raccogliere consensi politici e combattere i regimi totalitari, che non a caso cercano di contrastarlo e di inibirlo bloccando il traffico in Rete e procedendo per discutibili vie legali.
Come è accaduto per esempio in Pakistan dove pendono su Facebook e Mark Zuckerberg, il ventiduenne ebreo inventore del social network (nell’immagine a fianco colto in un momento di vita quotidiana con indosso una tshirt con su scritto “tutti amano un ragazzo ebreo”), pesanti capi di imputazione: il pubblico ministero pakistano ha accusato il sito web, di aver violato il codice penale del Paese dal momento che uno dei milioni di utenti di Facebook ha pubblicato un’immagine di Maometto, mentre la legge del luogo lo vieta espressamente e prevede per atti di questo tipo la pena di morte. La Corte pakistana ha bloccato l’accesso al sito web (nonché ad altri 450 siti definiti dal governo antislamici).
Decisione accolta con favore da tutte quelle figure estremiste del mondo islamico, convinte che l’ultima evoluzione del web, detto Web 2.0, che sta ad indicare l’insieme di tutte quelle applicazioni online che permettono uno spiccato livello di interazione sito-utente, di condivisione e scambio fra utenti in rete, sia frutto di una cospirazione ebraica.
Chi sa se Mark Zuckerberg, quando inventò Facebook, aveva immaginato questo sviluppo degli strumenti informartici, che si innalzano alla difesa della democrazia.
Una cosa è certa molti studiosi dei nuovi media sono pessimisti sul futuro del web. “Internet è un arma anche per chi reprime”, ha avvertito Carlo Formenti in un articolo di pochi giorni fa comparso sul Corriere della Sera.
Gli fanno eco Massimo Gaggi e Marco Bardazzi, due giornalisti che hanno scritto un libro sul futuro della carta stampata, “L’ultima notizia, dalla crisi degli imperi di carta al paradosso dell’era di vetro” che, fra le altre cose, tratta anche questo tema e si domandano retoricamente: “I teorici di Internet come ‘tempio di tutte le libertà’ avrebbero mai immaginato qualche anno fa, che la polizia religiosa dell’Arabia Saudita sarebbe sbarcata su Facebook con il Comitato per la promozione delle virtù e la prevenzione del vizio?” .
Ogni giorno i maggiori quotidiani italiani ed esteri dedicano articoli all’invenzione di Zuckerberg e alle “Cyber rivoluzioni”.
L’autorevole quotidiano israeliano Haaretz, dedica una vignetta al tema, sottolineando la preoccupazione dei leader dei Paesi arabi nei confronti di questa fastidiosa arma nelle mani del popolo, di cui fino a poco tempo fa riuscivano a tenere totalmente le redini con la repressione. Ma oggi gli oppositori hanno un strumento in più per unirsi e costituire una massa, un popolo, che reagisce unanime alle nefandezze del regime.
E il New York Times, dal canto suo, ha ribadito come Facebook abbia giocato un ruolo da protagonista nelle rivolte che hanno rovesciato i governi di Tunisia ed Egitto e pubblica un’immagine scattata dai manifestanti di piazza Tahrir, che con delle pietre hanno scritto “Facebook” in strada, riconoscendo ed esaltando la loro arma primaria per la rivolta.
Ma Facebook non è solo uno strumento per le repressioni è molto di più ed è per questo che si presta a vari dibattiti su temi differenti fra loro: la democrazia, il diritto alla privacy e alla trasparenza, ma anche il rapporto fra giovani e Rete.
Al Palazzo della Cultura ebraica di Roma Alessandro Schwed, autore del libro Mio figlio mi ha aggiunto su Facebook, Gavriel Levi, studioso di ebraismo e neuropsichiatra infantile, e Alex Zarfati, webmaster, hanno discusso appunto sull’utilizzo che gli adolescenti fanno di Facebook e si sono interrogati non solo sul motivo di tanto successo fra i giovani ma anche se il suo utilizzo debba destare preoccupazione.
Valerio Mieli