Qui Torino – Un concerto per raccontare il legame fra polacchi ed ebrei
La Challah, o Chałka alla polacca, come simbolo dell’intreccio tra due culture che per secoli hanno convissuto a stretto contatto, influenzandosi reciprocamente: ebrei e Polonia è un binomio che, nonostante la Shoah, non è possibile cancellare. E così i polacchi continuano a trovare nelle proprie panetterie il tradizionale pane ebraico intrecciato e dal sapore dolce; un tributo, consapevole o meno, alle radici ebraiche di quella che fu una delle comunità più fiorenti e numerose d’Europa. Altra e imperitura testimonianza del legame ebraico-polacco è la musica, protagonista del mercoledì torinese con il concerto organizzato dalla Comunità polacca di Torino in collaborazione con la Comunità ebraica e il comune. Le note dei compositori e musicisti ebrei polacchi Jozef Wieniawski, Ignacy Friedman e Aleksander Tansman hanno, infatti, accompagnato gli spettatori in questo intreccio di culture, tradizioni, suoni.
“Abbiamo deciso – spiega il console onorario di Polonia Ulrico Leiss – di raccontare in musica questo rapporto secolare tra mondo polacco e mondo ebraico, in cui ciascuno è debitore di qualcosa all’altro. Con Sarah Kaminski (consigliere alla cultura della Comunità ebraica di Torino) abbiamo pensato di proporre una chiave diversa da quella già nota al pubblico italiano del kleizmer e dello Shtetl. E così – continua Leiss – si è voluto raccontare dell’altro ebraismo polacco, quello colto borghese, maggiormente assimilato, forse meno conosciuto ma ugualmente importante”.
Wieniawski, Friedman e Tansman, eseguiti ieri sera dalla pianista Gaja Kunce, sono stati, a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, l’espressione proprio di quella borghesia polacca un po’ romanica e nazionalista, musicalmente legata al mito di Chopin. “Soprattutto Wieniawski e Friedman – spiega il musicologo Enrico Fubini – traggono forte ispirazione dal celebre predecessore, riproponendo mazurke, notturni, valzer. Tutti e tre sono stati, oltre a compositori, dei grandi virtuosi del piano, addirittura Friedman pare abbia eseguito oltre tremila concerti in tutto il mondo”. Oltre al cuore polacco e il pianoforte, ad accomunarli c’è la stessa radice ebraica. “Questi musicisti – continua Fubini – sono l’esempio di una realtà poco conosciuta. Quando pensiamo agli ebrei di Polonia ci viene in mente Singer con i suoi personaggi da barbe lunghe, caffettani e peot fino alle spalle. Il mondo ebraico polacco, però, non era unidimensionale e il retaggio alto borghese e nazionalista dei tre compositori ne è la dimostrazione”.
Ebrei ma anche viaggiatori, esuli, o romanticamente “ebrei erranti”. Sia Wieniawski (1837-1912), quanto Friedman (1882 – 1948) e Tansman (1897-1986), infatti, si esibirono in tutta Europa, in America e il secondo persino in Australia, dove peraltro morì, lontano dalle violenze della Seconda Guerra Mondiale. E proprio per fuggire dalla furia nazista Tansman si rifugiò negli Stati Uniti a New York. E lì dopo essersi definito per tanti anni un compositore polacco, dichiarò di non esserlo più, ora era un compositore ebreo polacco. Tansman, peraltro, è stato l’unico dei tre ad attingere alla sua identità ebraica per comporre: scrisse, dopo averla brevemente visitata, un’opera dedicata a Israele, un’altra al profeta Isaia, ai dieci comandamenti o ancora l’opera “Eli, Eli, Lamma Sabatchani in memoria di Auschwitz (1966)”.
Nemmeno Friedman, un enfant prodige del pianoforte, volle mai rinnegare il proprio legame con la tradizione ebraica anche se non manifestò mai grande interesse per la religione. Il suo stesso maestro, il cattolico polacco Theodor Leschetizky, non faceva che ripetere che per essere un virtuoso del pianoforte sono tre i requisiti indispensabili: “essere un enfant prodige, essere slavi e, ultimo ma non meno importante, essere ebrei”. Forse saranno le celebri parole del suo maestro a far dire a Friedman una curiosa battuta. Si racconta, infatti, che alla domanda sull’abilità di un suo giovanissimo alunno ebreo, egli rispose “un prodigio dite? Come pianista ebreo avrebbe dovuto suonare meglio”.
Tornando alla serata, in apertura ha portato i suoi saluti l’assessore comunale Giovanni Maria Ferraris, “senza il quale – ha ricordato Ulrico Leiss – questa serata non sarebbe stata possibile”, che ha voluto sottolineare l’importanza e la grande partecipazione alla vita cittadina torinese delle due Comunità, ebraica e polacca. Comunità, come hanno ricordato rispettivamente i presidenti Tullio Levi e Wanda Romer, che da tempo hanno avviato una proficua collaborazione, basti ricordare il successo dello scorso anno della mostra sul grande scrittore polacco Bruno Shulz. E proprio da quella manifestazione, confessa Leiss, è venuta l’idea del concerto. “Allora si avvicinò a me Giorgio Rosenthal che mi espresse il suo interesse per il legame tra ebrei e Polonia, chiedendomi se c’erano altri eventi in programma. E così, su quello spunto, abbiamo iniziato a lavorare con Sarah e siamo arrivati al concerto di stasera”.
Daniel Reichel