Qui Roma – Prima uscita pubblica per Havi’u et hayom

Prima uscita pubblica di Havi’u et hayom, il nuovo gruppo giovanile ebraico di Roma mutua il nome dalla celebre canzone per la pace, Shir lashalom. Havi’u et hayom significa: porta il giorno, il giorno della pace. La pace non va attesa ma inseguita, questo il senso del loro nome e del loro impegno culturale.
I giovani ebrei romani, che si sono associati sulla base di una comune vocazione progressista di promozione del dialogo arabo-israeliano, hanno proposto, in occasione della loro prima uscita pubblica, un incontro tra il cinema israeliano e quello palestinese. La serata, organizzata dai ragazzi in collaborazione con il Centro ebraico italiano Pitigliani e con la rivista valdese di ispirazione ecumenica Confronti, ha visto intervenire due esperti di cinema che vengono da Israele: Asher Salah, critico cinematografico di natali fiorentini e già docente di cinema all’Università ebraica di Gerusalemme e ora all’Accademia gerosolimitana delle arti Bezalel; e Mohammad Bakri, pluripremiato attore e regista arabo-israeliano, una delle massime star del panorama mediorientale. “Crediamo che la cultura sia il miglior terreno di confronto tra i popoli”, spiega uno dei giovani di Haviu et hayom, “per questo abbiamo intenzione di continuare a lavorare su questa falsariga: cominciamo con il cinema, ma in seguito faremo incontrare artisti, musicisti e scrittori”. L’interesse e l’approfondimento della vita culturale israeliana – argomentano i giovani nel manifesto fondativo del loro gruppo – è una delle forme in cui si esprime il loro sentimento sionista di amore per Israele.

La formula dell’incontro di due esperti in un campo artistico, uno ebreo israeliano e l’altro palestinese, era già stata adottata – facendo riscontrare un consenso soddisfacente – nell’ambito del progetto Semi di pace, un percorso portato avanti per oltre dieci anni dalla rivista Confronti, che vede la presenza operativa in Italia di numerosi cittadini israeliani, ebrei e palestinesi, che mettono la loro professionalità di operatori culturali al servizio della pace.

L’incontro si è aperto con la relazione del prof Salah, il quale si è definito “esperto di cinema israeliano in Italia e di cinema italiano in Israele”. La sua lezione, esauriente e quasi accademica, ha ripercorso l’evoluzione dello stereotipo nel cinema israeliano, concentrandosi in particolare su due figure della società d’Israele: l’ebreo originario dell’Europa orientale, sovente rappresentato come anziano, tradizionalista, indisponibile a compromessi con la modernità; e l’arabo palestinese: va scemando nel corso degli anni la tendenza dei registi e sceneggiatori israeliani a rappresentare il palestinese come una figura ostile.

L’intervento di Mohammed Bakri ha poi trasceso i temi previsti per l’incontro, da programma strettamente artistici, per focalizzare l’attenzione del pubblico su fatti di attualità. Bakri è autore del contestatissimo documentario Jenin Jenin, in cui racconta da un punto di vista parziale – è quasi integralmente costituito da interviste a abitanti della città cisgiordana di Jenin – l’irruzione dell’esercito israeliano nella West Bank risalente al 2002. Le polemiche non sono mai cessate: recentemente Bakri è stato citato in giudizio da cinque soldati israeliani che parteciparono all’operazione militare oggetto del documentario. In attesa della prossima udienza, la star del cinema palestinese è apparsa molto provata dalla vicenda giudiziaria: Mohammed Bakri non si è trattenuto da condividere col pubblico romano il suo punto di vista sul caso.

Se il cinema doveva essere l’argomento privilegiato della serata, la politica non è certo rimasta sullo sfondo.

Manuel Disegni