Imparare il confronto
Il compito degli insegnanti non dovrebbe essere quello di “inculcare valori” (qualunque essi siano), ma di fornire gli strumenti per imparare a ragionare con la propria testa. Non mi pare quindi che abbia senso domandarsi quali valori siano “inculcati” dalla scuola pubblica e se essi siano coerenti o meno con quelli “inculcati” dalle famiglie. Francamente mi lascia un po’ perplessa anche l’idea che le famiglie siano detentrici di una sorta di “diritto di inculcare”. Eppure lo stesso Shemà sembra contenere qualcosa di analogo: “Veshinantam levanekhà”, tradotto come “le ripeterai ai tuoi figli” o “le insegnerai ai tuoi figli”, ma anche come “le inculcherai ai tuoi figli”. Qui però non si parla di valori, ma di “queste parole/cose che io ti comando oggi”; non si ordina di imporre ai figli cosa devono pensare, ma di ripetere, meditare, discutere con loro, e soprattutto di richiamare concretamente “queste parole” attraverso oggetti e azioni della vita quotidiana; non un messaggio imposto dall’alto, ma una pratica vissuta giorno per giorno. Si tratta comunque di precetti in positivo: non potrebbe essere sufficiente tenere lontani i figli da chi ha opinioni diverse; chi è sicuro della propria cultura e delle proprie idee non teme il confronto con gli altri. Nella scuola pubblica si incontrano insegnanti e allievi di diverse provenienze, ciascuno con le proprie opinioni, i propri valori, le proprie usanze, e si impara a confrontarsi nel reciproco rispetto. E’ questo che a qualcuno dà fastidio?
Anna Segre, insegnante