Qui Ancona – Hollywood e gli ebrei

Hollywood e gli ebrei: quale legame? E, come ci suggerisce il titolo del libro di Neal Gabler, “An Empire of their own: how the Jews Invented Hollywood”?
Nel ’79 gli ebrei sono il 3 per cento della popolazione americana, eppure fra i comici se ne contano l’80 per cento! Nel ’36, su 85 persone impegnate nella produzione, 53 sono ebrei.
A cosa è dovuto tanto successo?
Su questo interrogativo Enrico Fink ha guidato una piacevole e divertente serata ad Ancona, organizzata dal dipartimento Educazione e Cultura dell’Ucei insieme alla Comunità ebraica anconetana.
Tra una proiezione e l’altra, dalle scene più famose del cinema yiddish come del Der Dybuk, a quelle degli show di “varietà” di AL Jolson, da To Be or Not to Be di Ernst Lubitsch a Manhattan di Wood Allen, Enrico ha tracciato un lungo percorso da cui emerge almeno un filo rosso o una chiave di lettura.
Per gli ebrei, immigrati proprio quando il cinema americano diventava un’arte a se stante, Hollywood è stata per loro una homeland alternativa e creativa, una casa in cui sentirsi a proprio agio e dove rappresentare una parte di sé; ma quale? Ad essere rappresentato qui non è tanto l’”ebreo”, ma è l’immigrato spesso comicamente inadeguato, destinato a sostare e crescere in un territorio di frontiera, caratterizzato dall’equivoco e dall’ambivalenza di questa condizione, che aprono la strada a una nuova comicità colorita di un’allegra amarezza.
Gli ebrei qui hanno saputo fare dell’arte e della cultura che portavano nelle proprie valige, qualcosa di tremendamente “locale”, hanno saputo rappresentare una condizione tipica di una storia non solo ebraica, ma anche americana e comune agli altri connazionali. Per questo motivo è stato possibile “creare” un Woody Allen, così tanto newyorkese, abitante della grande terra e metropoli dei migranti, ma anche così ebreo. Non è stato solo merito del teatro yiddish quindi, ma è anche nell’aver saputo leggere creativamente la propria condizione, averla saputa raccontare e soprattutto condividere con i nuovi connazionali.

Ilana Bahbout