Rafforzare la democrazia e progettare il futuro di Israele. Il Keren Hayesod all’incontro con il ministro Lieberman
Le note dell’HaTikwa hanno accompagnato l’ingresso del ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman ospite d’onore della serata di gala organizzata dalla Keren Hayesod nella sala dell’albergo romano che ospitava l’apertura alla campagna 2011 dell’organizzazione. Il tradizionale appuntamento del Keren Hayesod è stato incentrato quest’anno sul desiderio di festeggiare i novant’anni di attività e di progetti per sostenere Israele e rafforzare i suoi legami con gli ebrei della Diaspora. Il ministro Lieberman, che in giornata aveva incontrato il ministro degli Esteri Franco Frattini, il cardinale Tarcisio Bertone, responsabile per le relazioni estere della Santa Sede e l’arcivescovo Dominique Mombarti, è stato accolto dalla presidentessa della Keren Hayesod mondiale Johanna Arbib e tutto il comitato organizzatore fra cui Cesare Anticoli, Enrico Campagnano e Barbara Pontecorvo.
Fra le numerosissime autorità intervenute a fianco dell’ambasciatore di Israele Gideon Meir, il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna e la vicepresidente Claudia De Benedetti con i Consiglieri Ucei Victor Magiar e Sandro Di Castro, il presidente della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici, il sindaco della Capitale Gianni Alemanno, il presidente della Provincia Nicola Zingaretti, il presidente Walter Arbib manager della SkyLink Aviation.
Nel dare il benvenuto al ministro, Johanna Arbib ha immaginato lo Stato di Israele fra mezzo secolo, una nazione in pace senza guerre e un mondo in cui non esiste più l’antisemitismo grazie a tutti coloro che hanno lottato per sconfiggerlo.
Poi il discorso è tornato al presente. “Se questo quadro ora sembra impossibile – ha affermato la Arbib – immaginate come possa essere sembrato impossibile ai fondatori dello Stato di Israele trasformare una terra arida in un miracolo nazionale. Questo non è un sogno, è la nostra responsabilità. Noi abbiamo in comune un sogno futuro” ha concluso la presidente che ha anche ringraziato il sindaco Gianni Alemanno per le numerose dimostrazioni di amicizia e vicinanza all’unica democrazia del Mediterraneo e in particolar modo al soldato Gilad Shalit, prigioniero di Hamas da quasi quattro anni e cittadino onorario di Roma dal luglio 2009.
Alemanno, nel suo intervento, ha fatto riferimento alle rivolte che in questo periodo stanno attraversando il Nordafrica e il Medio Oriente. “Guardiamo a questi movimenti con la speranza che possano generare nuove libertà e nuove democrazie nel mondo islamico e con il timore che il fondamentalismo possa strumentalizzare questi cambiamenti. Ma, noi sappiamo che nel Mediterraneo ci sono due pilastri, l’Ue e Israele e questi pilastri sono pari nel rappresentare la libertà e la democrazia”, ha sottolineato il primo cittadino della Capitale ricordando “l’amicizia” che lega Roma allo Stato ebraico.
Il ministro Lieberman, introdotto dall’ambasciatore Meir ha evidenziato come “non sia giustificato identificare” gli insediamenti israeliani nei territori palestinesi come “un ostacolo alla pace”. Secondo Lieberman, dopo il ritiro di Israele da Gaza, “abbiamo visto” questo territorio “nelle mani di un’autorità terrorista, vediamo il potere di Hamas e vediamo come agiscono per nome e per conto dell’Iran”. Allo stesso tempo, “noi abbiamo evacuato ventitre colonie nella striscia di Gaza, e il risultato è stato il lancio di diecimila missili su Israele meridionale e Gilad Shalit ancora nelle mani di chi lo ha catturato”.
“Sarebbe assolutamente inaccettabile e una violazione di tutte le regole un riconoscimento unilaterale” dello Stato palestinese “per opera del Consiglio di Sicurezza o dell’Assemblea dell’Onu e non farebbe che penalizzare quanto fatto finora”. La pace – ha spiegato il leader del partito Israel Beitenu – “non deve essere artificiosa. Per raggiungere una soluzione, occorrono dapprima sicurezza e benessere. Solo dopo si potrà arrivare ad un accordo sullo stato finale”. Lieberman si è detto comunque “ottimista” su una conclusione positiva del processo di pace. Per il ministro “bisogna continuare a mantenere vivo il dialogo. Questo governo ha sempre detto di essere pronto a un negoziato diretto con i palestinesi che però stanno facendo di tutto per evitarlo”. E Israele, “ha permesso una crescita economica dell’Anp all’8-9 per cento e, come gesto di buona volontà ha deciso di bloccare la costruzione di colonie per dieci mesi”, ha quindi ricordato Lieberman passando a parlare delle rivolte in Nordafrica e Medio Oriente, “le valutazioni di Italia e Israele sugli ultimi sviluppi sono lungo la stessa linea”. ha affermato il ministro “Israele, senza alcun dubbio, è l’unico alleato strategico dell’Europa e del mondo occidentale in Medio Oriente”. L’alleanza strategica con il mondo occidentale “è il risultato di valori comuni condivisi”. Il Paese “è l’unica democrazia stabile e affidabile” nella regione e soffermandosi poi sulle rivolte del Mediterraneo, ha evidenziato come “senza alcun dubbio non ci sia alcun legame tra la questione israelo-palestinese e i disordini ai quali assistiamo in Tunisia, Libia, Yemen o Bahrein”. Le motivazioni alla base delle rivolte stanno nella “richiesta di un cambiamento economico, di più libertà e democrazia, avanzata da giovani laici”, ha ancora spiegato Lieberman sottolineando che il “mondo arabo si trova davanti a una grande sfida. Qualora i governi non fossero in grado di dare risposte alla popolazioni, il rischio sarebbe l’inasprimento delle posizioni fondamentaliste” in quei Paesi. Mentre per l’Occidente “la conseguenza sarebbe l’arrivo di enormi masse di immigrati”. Sia “il mondo arabo, sia i Paesi occidentali devono ben comprendere questo”, ha concluso Lieberman.
Stamane invece il ministro israeliano è stato ricevuto dal presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, a Palazzo Montecitorio.