Qui Torino – Avigdor Lieberman, parole franche per Israele

Passa anche per Torino il tour europeo del ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman. Ieri, infatti, il ministro, accompagnato dall’ambasciatore di Israele in Italia Gideon Meir, ha voluto portare i suoi saluti alla realtà ebraica piemontese. Ad accoglierlo la vicepresidente dell’UCEI Claudia De Benedetti e il vicepresidente delle Comunità di Torino Edoardo Segre.
Figura dai modi schietti e ruvidi, Lieberman ha improntato il suo discorso sulla necessità di strappare il velo di ipocrisia che avvolge Israele. Intervento che ha ricevuto diversi applausi e consensi, nonostante più voci del mondo ebraico torinese negli scorsi giorni abbiano espresso la propria perplessità per le note posizioni di politica interna del ministro.
Prima a porgere i propri saluti al ministro israeliano è stata la vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Claudia De Benedetti, la quale ha dedicato il suo saluto istituzionale al ricordo della tragica condizione di Gilad Shalit, il giovane militare israeliano rapito da Hamas nel 2006 “che ha ormai vissuto un quinto della sua vita in desolata prigionia, senza poter ricevere né visite né conforto”. La vicinanza degli ebrei italiani alle sorti d’Israele è il terreno comune. Anche il vicepresidente della Comunità ebraica di Torino Edoardo Segre, chiamato a fare gli onori di casa, ha insistito sul profondo legame che intercorre tra lo Stato ebraico e gli ebrei torinesi che lui rappresenta. “Questa Comunità è molto piemontese e nello stesso tempo molto israeliana”, ha detto Segre, il quale ha voluto sottolineare, alla presenza del Ministro, la felice integrazione nella Comunità dei moltissimi israeliani residenti a Torino.
Una delle ragioni che hanno fatto guadagnare a Lieberman molti amici e molti nemici, è la sua attitudine a non parlare in “politichese”, a esprimere le proprie opinioni in maniera diretta e senza mezze misure. Il capo della diplomazia israeliana, anche in occasione della visita agli ebrei torinesi, non ha voluto portare un semplice saluto istituzionale: ha piuttosto pronunciato, nel suo ebraico dal forte accento russo, tradotto simultaneamente da rav Alberto Somekh, un discorso eminentemente politico, come sempre chiaro e tondo. “Israele è un paese prospero dal punto di vista economico, e nello stesso tempo straordinariamente aperto dal punto di vista politico”, ha rivendicato il ministro. “Io stesso – ha proseguito – sono un esempio vivente dell’alto grado di democraticità: sono immigrato dalla Moldavia, ho cominciato a lavorare come facchino, e ora sono il ministro degli Esteri: in quale altra democrazia è possibile una simile carriera?”. “E allora come mai – si è chiesto Lieberman – è sempre Israele al centro delle condanne della comunità internazionale, e non lo sono altri paesi cui certo non abbiamo nulla da invidiare in fatto di rispetto dei diritti umani?”. L’ampio intervento del ministro ha toccato diversi argomenti, per soffermarsi anche sugli sconvolgimenti che stanno attraversando l’universo arabo: “sappiamo che una classe media sviluppata è condizione imprescindibile per la costruzione di un regime democratico: la mancanza di tale fattore è per noi fonte di grandi timori”. Non manca la stoccata finale: “Molti sostengono che il rientro d’Israele nei confini del 1967 e il ritiro di tutti gli insediamenti preluderebbe a una pacificazione della regione: tale credenza è un pregiudizio o un errore”. Niente mezze misure.
Il dissenso di parte di alcune componenti della realtà torinese dai principi ispiratori dell’azione politica di Yisrael Beiteinu, il partito di cui Lieberman è il leader è stato espresso dal Consiglio direttivo del Gruppo di Studi ebraici, che dal 1975 pubblica il periodico Hakeillah, diretto da Anna Segre. In forma privata il Gruppo ha consegnato al ministro, e all’ambasciatore Gideon Meir che lo accompagnava, una lettera. Il contenuto, che non ha intaccato il rispetto tributato all’alta carica pubblica, è una nota di dissenso nei confronti della scarsa considerazione delle minoranze nella società israeliana manifestata da Yisrael Beiteinu. La schiettezza si è dimostrata quasi pari a quella dello stesso Lieberman. Il documento sarà pubblicato sul prossimo numero di Hakeillah.
Ultima battuta, strappata mentre il ministro si dirigeva all’auto blu con la schiera di guardie del corpo, sul recente sondaggio della BBC, ripreso da diversi media israeliani. Secondo l’emittente inglese Israele sta progressivamente e inesorabilmente perdendo consensi fra l’opinione pubblica di diversi Paesi del mondo. “Quindi per la BBC noi non piacciamo al mondo? – sorride ironicamente Lieberman – Non dobbiamo dare credito a ciò che dicono gli altri, men che meno alla BBC che tra un po’ finirà per collaborare con Al Jazeera. Noi dobbiamo credere in noi stessi e andare avanti per la nostra strada” ha concluso il ministro.