Fondi libici in Italia – Emanuele Fiano “Facciamo chiarezza e congeliamo i fondi”

Qual’è il grado di penetrazione del fondo sovrano di Tripoli, della Repubblica libica, nell’economia italiana? A porre l’interrogativo alla Camera dei Deputati è l’onorevole Emanuele Fiano (Pd). Secondo Fiano “il Governo italiano dovrebbe quanto prima adoperarsi per congelare, come già altri governi hanno fatto, le proprietà della Repubblica libica all’interno dell’economia del Paese”. E questo sopratutto per “non far sembrare, in alcun modo, che vi sia da parte nostra, del nostro Paese, del nostro Governo un disinteresse per quello che sta accadendo in questo momento sul terreno, per le strade, nelle piazze e nelle città libiche”. La questione non è di facile soluzione e potrebbe avere risvolti molto importanti per l’economia italiana, se gli effetti della crisi in Libia potrebbero essere contenuti sul piano della finanza internazionale la stessa cosa potrebbe non accadere per l’Italia per la forte convergenza di investimenti libici nel nostro Paese. Le numerose partecipazioni azionarie libiche nelle aziende italiane hanno garantito al regime di Gheddafi una notevole influenza in alcune tra le più grandi e prestigiose società e banche italiane fra di esse figurano Unicredit, Mediobanca, Fiat, Finmeccanica, Juventus, Eni, Olcese, Retelit. Queste partecipazioni vengono realizzate attraverso i fondi sovrani e la banca centrale che rispondono direttamente al governo libico e quindi a Gheddafi. Due i principali fondi sovrani libici: il primo è il fondo Lafico, ( Libyan Foreign Investment Company) e il secondo è il fondo Lia (Libyan Investment Authority), costituito nel 2006 con capitali trasferiti dalla stessa Lafico da altri fondi minori e dagli introiti delle esportazioni petrolifere, detiene capitali per 70 miliardi di dollari . Secondo una stima del Fondo monetario internazionale, le attività nette all’estero cumulate dai due fondi e dalla banca centrale ammonterebbero a 152 miliardi di dollari a fine 2010, quasi il 160 per cento del Pil.