Il dolore e la pace
Sabato notte una famiglia israeliana, i Fogel, è stata trucidata nel sonno nella sua casa di Itamar, in piena Cisgiordania. A mezzanotte la figlia dodicenne è tornata a casa dopo una serata con gli scout. Nessuno le ha aperto, e ha dovuto scoprire da sé la verità dei suoi parenti sgozzati immersi in un lago di sangue. Tutti, dal padre al fratellino di appena tre mesi. Una strage terrificante.
In seguito alla diffusione della notizia, abbiamo assistito a varie reazioni: una folla commossa ha partecipato ai funerali delle vittime in Israele; manifestazioni di giubilo si sono tenute in varie capitali arabe o musulmane; il governo israeliano ha scelto per la prima volta di mostrare al mondo le immagini terribili dei morti per costringere il mondo a farci i conti; il Giappone è stato spazzato via da un terremoto gigantesco che ha ovviamente catturato l’attenzione dei media internazionali; gli israeliani hanno dimostrato una volta di più la loro straordinaria civiltà, senza lasciarsi andare a nessuna (!) forma di giustizia sommaria.
È difficile aggiungere qualche considerazione quando le fotografie si esprimono in un modo così definito e inappellabile. Sembra quasi di compiere una profanazione. Ma al tempo stesso occorre ricordare che l’unica risposta concreta a queste morti odiose è la ricerca, complicatissima e razionale, di una soluzione di pace. I Fogel erano stati evacuati da Gaza nel 2005. Nel cuore della Cisgiordania sono stati ammazzati da una mano vile. Ma le colonie non saranno mai sicure per gli israeliani, né si riveleranno un baluardo per la sicurezza dello Stato. L’Autorità nazionale palestinese, anziché mostrare inquietanti e ingiustificabili connivenze con terroristi e assassini, dovrebbe cercare di fare qualcosa di efficace per il suo popolo. Accreditandosi come interlocutore responsabile in una trattativa di pace. Altrimenti, quale che sia l’esito finale del conflitto israelo-palestinese, il destino dei palestinesi passerà sopra le loro teste.
Infine, la comunità internazionale deve muoversi seriamente, prendendo in considerazione le istanze e le esigenze dei due contendenti. Ma è lecito aspettarsi qualcosa da un consesso che, mentre Gheddafi sta vincendo la sua battaglia, continua a valutare se riunire il Consiglio di sicurezza entro la fine della settimana?
Tobia Zevi, associazione Hans Jonas