Voci a confronto

Le operazioni in Libia proseguono in maniera molto confusa e anche in altri luoghi del mondo arabo la rivolta prende piede; per esempio nello Yemen sembra avvicinarsi un intervento dell’esercito di stile egiziano (Frattini sul Corriere, Gallo sulla Stampa). Ma bisogna ricordare che il regime yemenita conduceva con l’aiuto degli Usa una dura guerra contro frange di Al Queida e ribelli col sostegno iraniano, che i ribelli avevano fra l’altro anche colpita l’antichissima comunità ebraica locale, almeno in parte protetta dal governo, costringendola al ritiro. Del resto il risultato del referendum in Egitto, di cui i giornali italiani hanno parlato pochissimo, è decisamente negativo e smentisce coloro che avevano ottimisticamente visto la rivolta come il trionfo della democrazia (redazione del Foglio, Geninazzi su Avvenire). Della rivolta siriana, che nei giorni scorsi ha fatto una decina di morti, peraltro non si sa più nulla.
In questo quadro la sola certezza dal nostro punto di vista è che Israele non partecipa e non è un obiettivo dei ribelli, almeno per il momento – il che dimostra una volta di più contro le tesi di Obama che i problemi del Medio Oriente non si incentrano affatto sul conflitto fra Israele e palestinesi. La cosa ovviamente non soddisfa i giornali più ideologicamente antisionisti, per esempio Danilo Zolo sul Manifesto e soprattutto “Le Monde”, il quale ha allestito un intero dossier per cercare di tirar dentro i palestinesi nella rivolta (l’articolo principale, siglato L.Zec. è quella che cerca in maniera un po’ grottesca di descrivere un matrimonio come una manifestazione, un altro dello stesso autore (Laurent Zecchini) fa un’analisi sulle preoccupazioni israeliane, naturalmente “eccessive” sui possibili sviluppi dell’instabilità araba, cui si aggiungono un’intervista a Efraym Halevy, il quale espone posizioni sostanzialmente omogenee a quelle del governo Netanyahu, presentate invece come nuove e sovversive, e una ricostruzione delle vicende della trattative di Gilles Paris, in cui naturalmente tutte le colpe e le occasioni mancate sono di Israele.
Per quanto riguarda gli altri argomenti, da segnalare un contributo di Giorgio Israel al Foglio, in cui difende Hannah Arendt dalle accuse che le vengono mosse in una recente biografia scritta dalla storica Lipstadt. Da leggere anche un reportage di Mary Lane sul Wall Street Journal, in cui si dà conto della lentezza e delle esitazioni del processo che si tiene in Germania contro l’ucraino Demjanyuk, incolpato di numerosi crimini contro l’umanità nei campi di Treblinka e Sobibor. “Le cose stanno andando esattamente come voleva la difesa”, commenta lo storico Thomas Henne di Francoforte. Ed è un’altra ragione di tristezza.

Ugo Volli
22 marzo 2011