Rapporto Goldstone, il giudice ci ripensa e corregge il tiro
“Oggi sappiamo molto di più su quello che è successo nella guerra di Gaza del 2008-2009 di quanto sapevamo quando ho presieduto la Missione d’inchiesta nominata dal Consiglio dei diritti umani, che ha prodotto quello che è stato conosciuto come il Rapporto Goldstone. Se avessi saputo allora quello che so adesso, il Rapporto sarebbe stato un altro documento”.
Con queste parole Richard Goldstone, in un suo articolo apparso sull’autorevole Washington Post, spiega il perché di un Rapporto a senso unico. Una inaspettata e tardiva retromarcia dopo il discredito gettato sullo Stato di Israele e l’operazione Piombo Fuso. Scontato il compiacimento del Governo israeliano.
“Quel rapporto deve essere messo da parte una volte per tutte”, ha affermato il premier israeliano Benjamin Netanyahu. “Sono sempre stato sicuro che la verità sarebbe venuta un giorno alla luce”, gli ha fatto eco il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman. “Auspico che adesso il giudice trovi il modo di pubblicare una versione aggiornata e corretta di quel rapporto falso e distorto”, ha affermato dal canto suo il ministro della Difesa Ehud Barak.
“Lo scopo del Rapporto non è mai stato approvare una conclusione scontata contro Israele”, scrive infatti Goldstone nel suo articolo e confessa: “Ho insistito sulla modifica del mandato originario approvato dal Consiglio dei diritti dell’uomo, che è stata distorta contro Israele. Sono sempre stato chiaro che Israele, come qualsiasi altra nazione sovrana, ha il diritto e il dovere di difendere se stessa e i suoi cittadini contro gli attacchi provenienti dall’estero e dall’interno”.
Ma il giudice ha anche ribadito che la relazione ha trovato prove di “potenziali crimini di guerra” e “forse crimini contro l’umanità” commessi sia da Hamas che da Israele e ha ritenuto opportuno avviare le indagini. La differenza, ha però affermato, anche alla luce dei nuovi documenti in suo possesso è “l’intenzionalità”, “i crimini commessi da Hamas sono stati voluti, va da sé infatti che i suoi razzi sono stati consciamente e indiscriminatamente indirizzati contro obiettivi civili”. E si è detto dispiaciuto di non avere avuto per tempo le prove della non intenzionalità dell’uccisione di civili da parte dei soldati israeliani. “Per evitare decisioni sbagliate era stato chiesto alle parti in causa di indagare in modo trasparente e in buona fede sui crimini commessi” e “sono rammaricato che Israele non abbia collaborato apertamente fin da subito alle nostre indagini”. La relazione finale da parte del Comitato di esperti indipendenti delle Nazioni Unite – presieduta dall’ex giudice di New York, Mary McGowan Davis – che ha fatto seguito alle raccomandazioni del Rapporto Goldstone ha rilevato che “Israele ha dedicato notevoli risorse per indagare sulle oltre 400 accuse di cattiva condotta operativa a Gaza “mentre” Hamas non hanno condotto alcuna indagine sul lanci di razzi contro Israele”.
E’ evidente purtroppo quando si parla di Israele che un ripensamento di questo genere possa essere vittima di strumentalizzazioni. E infatti c’è già chi insinua che la retromarcia di Goldstone sia legata alle pressioni a cui a suo tempo è stato sottoposto da diverse comunità ebraiche, in particolare in Sudafrica. Ma il portavoce militare israeliano Avi Benyahu esclude categoricamente tale ipotesi e afferma, anche riferendosi alla decisione di Israele di non cooperare a suo tempo con la Commissione Goldstone- visto che il suo mandato appariva viziato da pregiudizi – che le forze armate israeliane inoltrarono egualmente le informazioni rilevanti “mediante vie traverse, di seconda e terza mano”. Benyahu ha quindi sostenuto che non solo Hamas a Gaza ma anche gli Hezbollah nel Libano meridionale usano “per ideologia” la popolazione civile come uno scudo umano da frapporre davanti alle forze armate israeliane a protezione dei propri miliziani.
Valerio Mieli