idolatria…
” ….e non procederete nei loro statuti…..” (Levitico, 18;3). Sotto l’espressione “chukkòt ha goijm”, norme dei popoli, la Torah sembra alludere a tutte quelle pratiche che hanno attinenza con l’idolatria e con la corruzione. In verità rientrano sotto questa fattispecie normativa anche comportamenti non legati necessariamente all’idolatria. Alcuni codificatori, tra cui il rabbino medioevale di Pavia Yossèf Colon, imputano a questo divieto anche quelle attitudini che sono prive di motivazioni razionali, che vengono eseguite solo per imitazione e acquiescenza o comportamenti contrari alla pubblica decenza e con risvolti immorali. Questa concezione della diversità come precetto divino a cui adempiere mette in discussione, fra l’altro, l’idea che l’uomo si realizzi soltanto nella conformità, assoggettandosi supinamente al codice sociale vigente, rifuggendo sempre ogni singolarità. Il singolo non è riducibile a soli valori collettivi, egli stesso rappresenta un valore assoluto: la specificità dell’anima umana, la singolarità dei suoi attributi costituisce insieme il rischio e il valore dell’individuo. Come tale l’uomo è posto di fronte all’Eterno, non come modello impersonale. La Torah vuole dall’uomo l’attuazione della sua singolare irripetibilità, non l’adeguamento acquiescente a uno schema collettivo.
rav Roberto Della Rocca, rabbino