…biblioteche
Chiunque abbia lavorato nelle biblioteche italiane, studiando libri del Novecento si sarà imbattuto in odiosi graffiti apocrifi. Il furore biblioclasta che ha caratterizzato le dittature del XX secolo si perpetua ancora oggi nel silenzio delle sale di lettura. Non ce ne siamo mai accorti, appagati dal libro sui roghi di Leo Loewenthal. L’odio contro il libro ha esiti spesso più sottili e non tutti questi gesti di viltà risalgono al periodo del 1938-1945. Alcuni graffiti, purtroppo, sono recenti. Bisognerebbe un giorno organizzare una esposizione di questi libri oltraggiati, come si fa esponendo le foto con i negozi che esponevano cartelli ostili agli ebrei o i disegni della “Difesa della Razza” o i foglietti dei delatori. E’ quella affidata alle pagine di un libro di biblioteca una forma di delazione ripugnante. Sono appunti a margine spesso opera di lettori animati da interessi storici. Che fare quando ci si trova in una situazione del genere? Denunciare la scoperta ai bibliotecari correndo il rischio di essere noi stessi accusati dell’infamia? Cancellare davanti a tutti l’ignominia alzando la voce? Prendere in prestito il volume, mondarlo o lasciare tutto così, a mo’ di denuncia. Se lo è chiesto – se non ho visto male è il primo ad aver sollevato il problema, dentro una ricerca che ha per oggetto un episodio di storia della Resistenza – Marco Piazza (Cronaca di una restituzione. Sergio Piazza (1916-1944), Aosta, Le Château, 2011, pp. 40-41).
Alberto Cavaglion, storico