In ogni generazione
“In ogni generazione ciascuno deve considerarsi come se egli stesso fosse uscito dall’Egitto” leggiamo durante il seder. Per simmetria dobbiamo supporre che gli ebrei che uscirono dall’Egitto avessero il dovere di considerarsi come noi. In effetti il precetto di raccontare ai figli dell’uscita dall’Egitto precede nell’Esodo l’uscita stessa, aprendo una porta sul futuro: “E quando i vostri discendenti vi chiederanno: Che cosa significa per voi questo rito? voi risponderete: Questo è il sacrificio pasquale in onore del Signore, il quale passò oltre le case dei figli d’Israele, quando percosse l’Egitto e preservò le nostre dimore”. Si dice chiaramente che il sacrificio pasquale (Pesach) deriva dal verbo “passare oltre”, anche se questo “passaggio oltre” in quel momento non è ancora avvenuto. Si dice anche che il sacrificio deve essere mangiato “con azzime ed erbe amare”: non è chiarito esplicitamente il motivo, ma mi immagino quei nostri antenati “con la cintura ai lombi, con i sandali ai piedi, con il bastone in mano” mentre spiegano che l’azzima è in ricordo del pane che di lì a poco non farà in tempo a lievitare e l’erba amara serve per ricordare come cosa passata (anche se per loro è ancora presente) l’amarezza della schiavitù. Li immagino anche mentre bevono quattro bicchieri di vino, ascoltano il più piccolo tra i presenti che intona Mah Nishatanah, discutono, si scambiano le ricette del charoset e dei biscotti, cantano filastrocche; e intanto pensano a noi che festeggiamo allegramente, a Ester e Mordechai che digiunano, ai cinque rabbini di Benè Berak che discutono tutta la notte e forse tramano la rivolta contro i romani, a tutti gli ebrei che molte volte nel corso dei secoli avrebbero festeggiato la libertà chiusi nei ghetti, nascosti o in fuga, alla rivolta del ghetto di Varsavia. Confesso che non fatico a immaginare Moshè, Aron e Miriam che recitano il Rituale della Rimembranza, ma ancora più facilmente li immagino mentre discutono animatamente sull’opportunità o meno di recitarlo. Auguro a tutti un Pesach kasher ve-sameach.
Anna Segre, insegnante