Qui Roma – Antisemitismo e islamofobia

“Desidero esprimere il mio plauso ai promotori dell’iniziativa per il carattere innovativo e originale della metodologia seguita, consistente nell’analizzare in modo comparativo e approfondito i fenomeni dell’antisemitismo e dell’islamofobia”, così il presidente della Camera. Gianfranco Fini, ha introdotto ieri nella sala del Mappamondo della Camera dei deputati il convegno dedicato alla presentazione della ricerca su antisemitismo e islamofobia realizzata su iniziativa del Comitato Passato e Presente di Torino (che riunisce la Fondazione Istituto Gramsci, il Centro Studi Piero Gobetti, l’Istituto
G. Salvemini e la Fondazione Rosselli), e finanziata dalla Compagnia di San Paolo. L’iniziativa dal titolo “Antisemitismo e islamofobia. Tra ostilità e convivenza” è stata organizzata d’intesa con l’associazione “A buon diritto” e con l’associazione di cultura ebraica “Hans Jonas”, rispettivamente presiedute da Luigi Manconi e Tobia Zevi. Dopo i saluti di Gianfranco Fini sono intervenuti all’incontro l’onorevole Rosy Bindi, Luigi Manconi, Tobia Zevi, Saul Meghangi, Adriano Prosperi e Claudio Vercelli.
Si tratta di un contributo prezioso – ha continuato Fini nel suo intervento – alla conoscenza delle tristi dinamiche del pregiudizio etnico, razziale e religioso che si sono da tempo riattivate all’interno della società italiana ed europea. E’ mio auspicio che le Istituzioni sappiano trarre da ricerche come questa lo spunto e l’impulso necessari a moltiplicare gli sforzi per la salvaguardia della comunità nazionale da ogni pulsione razzista, integralista e xenofoba. Venendo ai contenuti della ricerca, dobbiamo subito osservare che vi emerge, come dato generale, il preoccupante aumento, nel giro di qualche anno, della ignoranza, della preconcetta diffidenza, se non dell’aperta insofferenza nei confronti delle minoranze etniche e religiose”. “Sarebbe un grande risultato se la politica rinunciasse sempre e comunque ad assecondare e vellicare le paure irragionevoli e le pulsioni oscure variamente presenti nella pubblica opinione”. Ancora, la terza carica dello Stato, ha sottolineato che si producono “danni profondi alla tenuta civile e democratica della società quando si rappresenta l’arrivo di migranti con l’immagine pericolosamente fuorviante dell”invasione’. Secondo Gianfranco Fini “la legge della domanda e dell’offerta non va applicata in politica come la si applica nel commercio. Perché accade in politica che sia spesso l’offerta a orientare e a far crescere la domanda. E non c’è dubbio che quando la politica offre paure e rassicurazioni ingiustificate, genera a sua volta nei cittadini altre paure e altre richieste ingiustificate di rassicurazione, in un circuito vizioso che danneggia la democrazia”.
Fra gli altri illustri e stimolanti interventi il professore Adriano Prosepri ha offerto il seguente spunto di riflessione: “Una domanda si impone davanti alle rivelazioni di questo rapporto: dobbiamo ammettere che c’è stata una vittoria postuma di Osama bin Laden, qualcosa che sopravvive alla sua scomparsa in questo levarsi di barriere mentali e legali nelle nostre società documentato dal rapporto firmato da Alfredo Alietti e Dario Padoan? O non si dovrà piuttosto rivolgere lo sguardo all’interno stesso delle nostre società e al loro deficit di cultura e di tutela dei diritti umani?”. “Per rispondere alla domanda – prosegue – bisognerà intanto partire dal nucleo fondamentale del rapporto: la scoperta che dopo l’11 settembre 2001 il razzismo è riemerso e si è generalizzato al di là dei ristretti territori politici e culturali dove dormiva il virus di questa peste del XX secolo. Oggi è diffuso nell’atmosfera e contagia, in forme più o meno gravi, la maggioranza della popolazione. E offre, come suggeriscono gli autori, un ‘legame sociale nella società dell’eccezione giuridica’. Il titolo richiama l’attenzione sulla mentalità diffusa ma anche sulle regole che governano oggi la nostra società, suggerendo implicitamente un problema che si deve affrontare qui: quale sia il contributo alla diffusione del razzismo offerto dal potere politico, sia in generale, sia nel caso specifico del regime di populismo mediatico oggi vigente”.
“Dunque – prosegue Prosperi – il dato di partenza è che atteggiamenti di tipo razzistico, ritenuti un residuo di culture obsolete e superate, stanno riemergendo. Ne è coinvolto un numero alto di persone. Non si tratta di un razzismo aggressivo e violento: questo però non ci tranquillizza”. E infatti avverte: “C’è un limite in questa inchiesta: qui si censiscono opinioni. Se accanto alle opinioni si mettono gli episodi di cronaca che si sono infittiti nella vita del paese ci troviamo davanti a forme di intolleranza violenta esplosa con atti individuali e con fiammate collettive”.
La ricerca dedicata a Il razzismo come legame sociale nella società dell’eccezione giuridica. Alcune note su anti-semitismo e anti-islamismo in Italia, coordinata da Alfredo Alietti e Dario Padovan, ricercatori di sociologia presso le Università di Ferrara e Torino, è stata promossa dal Comitato Passato e Presente di Torino con il sostegno della Compagnia di San Paolo. Il Comitato è nato nel 2007 dalla sinergia tra quattro istituti culturali, il Centro studi Piero Gobetti, la Fondazione istituto piemontese Antonio Gramsci, la Fondazione Rosselli e l’Istituto di studi storici Salvemini di Torino, da molti anni operanti nelle realtà cittadina e piemontese. La ricerca ha rilevato il grado di ostilità nei confronti degli ebrei e dei musulmani nella nostra società. Gli strumenti sociologici utilizzati sono stati messi a punto sulla base di una lunga tradizione di ricerca empirica sul pregiudizio. In ragione di ciò non è stato realizzato il tipico sondaggio d’opinione, il quale registra la frequenza di opinioni contrarie o favorevoli nei confronti di un determinato gruppo o minoranza. Tali opinioni sono state invece incrociate con un sistema di credenze sociali più ampio – costituito da punti di vista autoritari, etnocentrici e anomici – proprio per capire le strutture profonde generatrici di pregiudizio. Ciò ha permesso di gettare uno sguardo sulla diffusione del pregiudizio in Italia, fenomeno che viene spesso sottostimato se non apertamente negato. Fatto, quest’ultimo, che pone un duplice problema: da un lato tale negazione si configura come una sorta di autoassoluzione collettiva, attribuendo i comportamenti razzisti all’attività di minoranze ideologiche o a situazioni eccezionali (e come tali non troppo preoccupanti); dall’altro, tale negazione costituisce una vera e propria strategia attraverso la quale non si riconoscono i concreti effetti razzizzanti di politiche, discorsi, affermazioni che sono invece oramai parte del discorso pubblico, delegittimando inoltre tutte le iniziative che cercano di contrastarne i deleteri effetti.
L’auspicio del Comitato è che la riflessione, avviatasi con la presentazione pubblica dei risultati della ricerca, di cui si è avuta una appassionata eco con la discussione avvenuta alla presenza del Presidente della Camera dei Deputati lunedì 16 maggio, possa proseguire poiché la democrazia stessa si alementa di conoscenza, dibattito e consapevolezza, come ha osservato lo stesso Presidente Fini.