Qui Roma – Concerto per Giovanni Paolo II Rav Di Segni ricorda la storica visita al Tempio

È stato il papa del dialogo con i popoli e con le religioni, il papa dei giovani e della comunicazione, il papa della prima visita ufficiale in una sinagoga. “No signorina qua si sbaglia” dice scherzando il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni alla presentatrice che introduce il particolare feeling con l’ebraismo dimostrato da Woytila durante il suo mandato. “Se vogliamo essere precisi – prosegue rav Di Segni – il primo pontefice in assoluto a visitare una sinagoga è stato Pietro”. Inizia con questa battuta il suo attesissimo intervento al concerto che celebrava la beatificazione di Giovanni Paolo II svoltosi ieri all’auditorium della Conciliazione alla presenza di molte migliaia di spettatori tra cui le più importanti autorità politiche, militari e religiose di Roma e dello Stato oltre a una significativa delegazione ebraica composta tra gli altri dal Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna e dall’assessore della Comunità ebraica di Roma Ruben Della Rocca in rappresentanza del presidente Riccardo Pacifici. Molti artisti di fama, tra cui uno straordinario Amedeo Minghi, si danno il cambio sul palco. Brano dopo brano, testimonianza dopo testimonianza, vengono ripercorsi i passaggi più significativi del lungo pontificato di Woityla. Si arriva così al 13 aprile 1986, data della storica visita al Tempio di Roma, immortalata da un abbraccio intenso con il rabbino capo Elio Toaff. “Tra lui e papa c’era un feeling speciale” commenta rav Di Segni. Non a caso quello di rav Toaff è uno dei tre nomi pubblicati nel testamento spirituale del pontefice polacco a ulteriore riprova di un affetto reciproco che andava al di là della mera apparenza formale. Rav Di Segni, ai tempi giovanissimo ministro del culto seduto insieme a tanti altri ospiti emozionati nella sinagoga capitolina, ricorda così di quel giorno: “Si percepiva forte la sensazione di vivere un momento tutto speciale. C’era sorpresa ma anche perplessità. Allora era ancora tutto da creare”. Il rav chiude esplicitando il significato di rottura con alcuni meccanismi rigidi del passato rappresentato dalla visita in Ghetto di Woytila: “In quegli anni il dialogo tra ebraismo e cristianesimo era già ben impostato ma si trattava perlopiù di un dialogo tra eruditi. Allora mancava l’aspetto umano e Woityla è stato in grado coglierne la necessità. Ha saputo rompere il ghiaccio e quanto abbia positivamente seminato in tal senso possiamo rendercene conto oggi ancora più di ieri”.

Adam Smulevich