Biella…

Tre momenti di una microstoria ebraica. Il primo: il 23 settembre del 1866 l’amministrazione israelitica di Biella prescrive: “I sacerdoti che desiderassero dare la berakhà dovranno essere provvisti di scarpe bianche cogli elastici essendo incompatibile col decoro del culto l’uso fin ora praticato di restare sul vestibolo dell’hekhal senza scarpe”. Il secondo: in una lettera del 14 luglio 1929 il facente funzioni di Presidente della Comunità “di circa novanta abitanti” comunica: “Esiste un Tempio che non si apre più in nessuna occasione” ( il che poi non era vero, perché fino a qualche decennio fa almeno a Kippur c’erano delle funzioni). Il terzo, ieri: la piccola Sinagoga di Biella, dopo un accurato lavoro di restauro è stata re-inaugurata da una folla in festa, tra cui molti originari di Biella dispersi nel mondo. Un percorso simbolico interessante in cui la vera sorpresa, viste le due premesse, è l’evento di ieri, preparato da un infaticabile lavoro di ricerca e di impiego di risorse, svolto da Rossella Bottini Treves, presidente della Comunità di Vercelli (dal cui libro pubblicato per l’occasione sono tratte queste informazioni). Un esempio di come il piccolo, o il molto piccolo, sia pure nelle nostre proporzioni, riescono a fare talvolta molto più del grande.

Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma