Diritti umani per tutti

Gli eventi che negli ultimi mesi si sono susseguiti sulla scena del mondo, con una accelerazione epocale, possono provocare sconcerto, possono stupire e disorientare. Perché non è facile trovare un filo interpretativo. Ma non devono portare all’indifferenza. In nessun caso.
Dalla Siria arrivano poche immagini. E oggi – si sa – la politica è fatta prevalentemente di uso dell’immagine. Ma le notizie dell’ultima ora sono inquietanti quanto basta. L’esercito bombarda la popolazione. La repressione poliziesca è sfociata in violenza militare. La televisione del regime racconta la propria menzognera versione. Il fantasma della guerra civile fa la sua comparsa.
Ma la diplomazia annaspa. Stentano a prendere una risoluzione di condanna le istanze internazionali, a cominciare dal Consiglio di sicurezza dell’Onu, ostacolato da paesi come Russia e Cina che attraversano impunemente l’azienda del mondo capitalistico infischiandosene dei diritti umani. Gli Stati Uniti e l’Europa hanno deplorato la violenza e denunciato la crisi umanitaria. Tutto qui. Ed è davvero poco.
Emerge nel caso della crisi siriana, che si consuma in realtà da quasi tre mesi, una contraddizione profonda dell’Occidente, che per un verso sembra aver issato il vessillo dei diritti umani, per altro verso continua a essere guidato, nella propria politica, dall’interesse, dal profitto, dal tornaconto. E qui evidentemente i conti non tornano.
Così qualche benpensante opinion maker prova ad accennare a una ipotesi che evidentemente è stata assecondata fin qui dagli strateghi internazionali. Perché non tentare di isolare il conflitto? Perché insomma non se la sbrigano tra loro! Purché tutto resti nei limiti, nei loro confini e non coinvolga altri. Come se la pacificazione fra terzi fosse questione di politica spicciola. Come se la costruzione della pace fosse uno sport da praticare a seconda della convenienza. Come se i diritti umani dovessero valere solo per alcuni – non per tutti.
Questo modo, decisamente non etico, di intendere la politica non può più essere accettato. L’opinione pubblica, che grazie ai nuovi media può avere oggi voce in capitolo, deve parlare, deve esprimersi anche sulla Siria.

Donatella Di Cesare, filosofa