coincidenze…

Coincidenze. Qualche volta divertenti, altre volte inquietanti o stimolanti. Nei giorni scorsi a Torino ci sono state le elezioni comunitarie, e ha vinto una nuova formazione che si è data il nome di Anavim, uva. Nelle polemiche aspre che hanno preceduto e seguito le elezioni (questa testata la scorsa settimana ha ospitato vari interventi), oltre al dibattito politico c’è stata anche la discussione sul nome scelto, se fosse simbolicamente felice e propizio oppure no. Dove sono le coincidenze? E’ che abbiamo appeno letto questo Shabbat la storia degli esploratori che tornano con un enorme grappolo d’uva. E Torino che c’entra? Fu proprio un vescovo di Torino, Marcello, in tempi remoti (380-470) a proporre per la scena dell’uva questa interpretazione: la trave e l’uva sono la croce a cui è appeso Cristo; l’esploratore che sta davanti è il Giudeo che li porta, senza sapere cosa porta, e l’esploratore dietro è il Cristiano che capisce tutto. Un’esemplare rappresentazione della teologia della sostituzione (anche se qualche teologo dei nostri giorni propone una lettura più amichevole). Insomma quello che è diventato in Israele il logo dell’ufficio turistico e di una ditta vinicola è nell’antica tradizione oggetto di controversie simboliche; per i Rabbini del midrash la scena si è svolta in un modo differente da come il logo turistico la presenta, e la vite, nell’intento degli esploratori, doveva servire a diffamare la terra; per lo Zohar la trave (mot) è segno di inciampo e i nomi degli altri frutti trasportati alludono al tradimento. Chi l’avrebbe detto, insomma, che quando si parla di uva a Torino si scatena un putiferio?.

Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma