Malattia o falso allarme?

Non so esattamente quali deliberazioni spettino al Consiglio di una comunità ebraica e quali alla Giunta; mi auguro comunque che a Torino per i prossimi quattro anni non sarà la Giunta a occuparsi di temi quali il matroneo o il bet midrash delle donne perché, essendo composta di soli uomini, sarebbe costretta ad avvalersi di consulenti esterni. Questa anomalia, che non si verificava da decenni, è una conseguenza logica (anche se non inevitabile) della vittoria di una lista quasi completamente maschile. E’ un fatto casuale o un sintomo preoccupante? Sarebbe stato auspicabile se il regolamento comunitario avesse previsto vincoli nella composizione delle liste atti a evitare tale sproporzione? Le “quote rosa” sono un’umiliazione per le donne o sono uno strumento imperfetto ma necessario per garantire un minimo di uguaglianza tra i generi in contesti di forte e generalizzata discriminazione? Non saprei rispondere a queste domande, ma sono convinta che sia opportuno porle; per questo mi ha colpito negativamente l’insofferenza che ho incontrato talvolta quando ho provato a sollevare la questione. Mi è stato detto che è un tema vecchio, ma a questo mondo ci sono tanti altri problemi ancora più vecchi (le guerre, le ingiustizie, la fame nel mondo) e finché esistono si ritiene giusto parlarne. Le “quote rosa” sono sicuramente spiacevoli, così come è spiacevole dover prendere certe medicine o stare a letto. Certo, a volte le medicine hanno un sapore sgradevole, o sono dannose, a volte è meglio ricorrere a medicine alternative; in ogni caso non è utile negare l’esistenza della malattia. Nella società italiana la malattia esiste di sicuro; mi auguro sinceramente che la sua apparente presenza nella Comunità Ebraica di Torino sia un falso allarme.

Anna Segre, insegnante