Qui Mantova – La Memoria porta un nome Luisa Levi raccontata ai ragazzi di oggi

“Il progetto dello schedario a partire dalla biografia di Luisa Levi si propone quale innovativo metodo di elaborazione della Memoria nel panorama non sempre sufficiente e organico della didattica della Shoah connotandosi per la coinvolgente e catalizzante concretezza. Caratteristica insolita che ha suscitato l’immediato interesse del competente Dipartimento dell’UCEI”. Così il presidente della Comunità ebraica di Mantova Fabio Norsa nel presentare il volume Storia di Luisa curato da Maria Bacchi e Fernanda Goffetti e recentemente pubblicato dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane insieme all’Archivio di Stato di Modena e all’Istituto mantovano di storia contemporanea. In circa duecento pagine con foto d’epoca e contributi dei partecipanti al progetto, le curatrici espongo un mirabile lavoro di ricostruzione e studio della biografia di Luisa Levi. Luisa è la più giovane deportata ebrea di Mantova, barbaramente uccisa a Bergen Belsen nel pieno della sua adolescenza. L’opera, realizzata grazie ai fondi dell’Otto per Mille, è corredata di numerose schede di approfondimento proposte agli studenti della scuola a lei intitolata.
Dottoressa Bacchi, qual è la particolarità di questo lavoro?
All’origine di questo nuovo lavoro c’è un libro da me precedentemente scritto che si intitola Cercando Luisa. Edito da Rcs, è un volume che sceglie l’infanzia come via d’accesso all’interpretazione della guerra, delle leggi razziste e delle deportazioni. Bambini e bambine si muovono nella Mantova sconvolta dalla guerra vedendo ciò che all’occhio
umano sfugge. Al centro di queste memorie c’era una memoria assente: quella di Luisa Levi, la più giovane deportata ebrea da Mantova. Questo libro, molto apprezzato, aveva toccato la sensibilità di numerosi mantovani tanto che nel 2004 dalla fusione del IV Circolo Didattico con la Scuola Media Alberti è nato l’Istituto Comprensivo 1 di Mantova intitolato proprio a Luisa Levi. In questa struttura c’è anche la scuola in cui si trovava la classe speciale che a seguito delle leggi razziste i bambini ebrei di Mantova erano costretti a frequentare. Tra loro anche Luisa Levi.
Come è stato realizzato il progetto?
Le insegnanti avevano chiesto di intraprendere un percorso didattico ad hoc su Luisa. Abbiamo quindi iniziato un lungo lavoro di riflessione e di discussione con i ragazzi avvalendoci di verifiche periodiche con un comitato scientifico composto dallo storico Fabio Levi e da Clotilde Pontecorvo. Questo lungo lavoro ha prodotto un percorso per schede con possibilità di utilizzo da parte di ragazzi di età differenti. Il lavoro si divide in due grandi sezioni: nella prima si narra della vita di Luisa dalla “normalità” fino al 1940 mentre nella seconda si esamina il periodo che va dal biennio 1940‐41
al 1945. In questa è raccontata anche la storia del fratello di Luisa, Franco Levi, emigrato in Israele. Tutto il percorso è corredato da fotografie d’epoca oltre che da un interessantissimo repertorio fotografico trovato in Israele nel 2006 a casa della figlia di Franco, Silvana Levi Diagi. Le fotografie erano contenute in un album sepolto dalla famiglia nel giardino di casa Levi a Mantova insieme a una bambola e a un orologio. Quando Franco è tornato ha disseppellito il tesoro e lo ha portato in Israele. Trovo che questo filo sentimentale che lega l’Italia, Mantova e Israele sia commovente insieme al pensiero che delle persone nella furia della fuga abbiano pensato che il loro tesoro fosse rappresentato da un album di fotografie dei propri figli, da una bambola e da un orologio.
Che effetto le ha fatto lavorare sulla Memoria di Luisa?
Ormai Luisa è parte della mia famiglia. La conoscenza con Franco, con sua figlia Silvana è andata oltre il rapporto empatico che uno storico dovrebbe avere con le sue fonti.
Quali sono state le reazioni dei ragazzi coinvolti nel progetto?
Ottime, anziché vivere le vicende della Shoah in generale e di Luisa nel particolare, gli studenti sono entrati dentro questa biografia con grandissima sensibilità.
Avete pensato di uscire dai confini di Mantova per raccontare questa storia?
Vorremmo coinvolgere altre scuole in questo progetto perché la storia di Luisa è simile a tante altre storie di bambini vissuti in quel periodo. Dobbiamo ricordare che lavorare sulla memoria dell’infanzia è particolarmente importante visto che si tratta di una memoria filtrata.

Lucilla Efrati, Italia Ebraica, Luglio 2011