Che storia si racconta?
La prima prova dell’esame di stato il 22 giugno tutto sommato è passata liscia, senza errori clamorosi del ministero o tracce discutibili come in anni passati. Chissà se i maturandi ebrei hanno sfruttato il titolo “Siamo quel che mangiamo?” per una riflessione sulla kasherut: avrebbe potuto venire fuori qualcosa di interessante, mentre i documenti proposti si prestavano invece a una desolante serie di banalità sul valore della dieta mediterranea e cose simili.
Qualche perplessità in più mi ha suscitato la prova suppletiva mercoledì 6 luglio; in particolare mi pare discutibile la scelta di testi proposti per il saggio breve o articolo di giornale di ambito artistico – letterario, dal titolo “L’Italia nella seconda guerra mondiale”: un passo da Il sergente nella neve di Mario Rigoni Stern in cui l’autore racconta il suo tranquillo soggiorno in un’isba spaziosa e pulita; un altro passo da Kaputt di Curzio Malaparte, che descrive lo sbandamento dell’esercito italiano nell’agosto ’43; le poesie Italiano in Grecia di Vittorio Sereni e Ai quindici di Piazzale Loreto di Salvatore Quasimodo, l’unica che contiene un minimo cenno, per quanto non immediato, alla Resistenza. Tutti testi di autori significativi. Ma che immagine del nostro paese nel secondo conflitto mondiale ne esce fuori? Italiani che vagano chissà perché per la Russia e per la Grecia, si sbandano, sono coinvolti in una guerra civile di cui non appaiono le ragioni. Naturalmente si dovrebbe sperare che gli allievi conoscano la storia e sappiano contestualizzare i testi. Ma dove sono l’Italia occupata, le stragi, le deportazioni? E soprattutto (visto che siamo nell’ambito artistico – letterario), perché non sono stati utilizzati i testi di autori tutt’altro che sconosciuti (da Pavese a Fenoglio, da Moravia a Elsa Morante e molti altri) che hanno raccontato tutto questo? Primo Levi non manca quasi mai nelle celebrazioni scolastiche della Giornata della Memoria, quando si parla di Shoah in generale, ma a quanto pare farebbe meno piacere citarlo per ricordare che è stato arrestato in Italia da italiani.
Per fortuna la prova suppletiva è stata sostenuta presumibilmente da una percentuale minima di allievi, e c’è da sperare che molti di loro abbiano scelto altre tracce. Resta il fatto che gli esperti del ministero sembrano voler trasmettere un’immagine della storia italiana confusa e reticente, tale da non permettere di ragionare in modo troppo approfondito sui fatti, sulle motivazioni, sulle responsabilità. Forse si vuole evitare che i ragazzi si pongano troppe domande?
Anna Segre, insegnante