gratitudine…

Nell’inizio della parashà di Mattòt, Moshè riceve l’ordine di combattere contro i Midianiti che avevano tentato di distruggere il popolo ebraico inducendolo all’idolatria, al Bàal Peòr. Moshè ubbidisce all’ordine divino ma non partecipa in prima persona alla guerra incaricando Pinechàs ed Elazàr di condurre la guerra. Il midràsh spiega la mancata partecipazione di Moshè in questo modo. Moshè, in fuga dal faraone, era stato accolto a Midiàn e ritiene quindi di aver un debito di gratitudine nei confronti dei Midianiti e decide di non combatterli direttamente. Il midràsh sottolinea l’importanza della hakkaràt hattòv, il riconoscimento del bene, anche verso chi poi ha del male come i Midianiti. Secondo Ramban il riconoscimento del bene è il fine di tutte le mitzvòt della Torà. Sembra un’idea semplice, in realtà è di difficile applicazione. La gratitudine non è affatto naturale, riconoscere che qualcun altro ha fatto del bene è difficile e significa riconoscere che abbiamo bisogno degli altri, che non siamo completamente autosufficienti. I Chakhamìm dicono che chi non riconosce il bene ricevuto dal prossimo, non riconosce neanche il bene ricevuto da Dio.

Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano