Redazione aperta – Israele e il nostro futuro

La seconda settimana di Redazione aperta si apre con un incontro speciale: il semiologo Ugo Volli, professore ordinario all’Università di Torino ma anche ex alunno della scuola ebraica di via del Monte che fa da cornice al dibattito. Volli tiene settimanalmente la rubrica Davar acher sul notiziario quotidiano l’Unione informa in cui esprime posizioni dissenzienti, una voce fuori dal coro rispetto al mondo intellettuale ebraico. Isolato: questa è la parola con cui Volli si autodefinisce e che lo accomuna con la posizione di Israele nel mondo. Il semiologo si batte infatti per diminuire la disinformazione nei riguardi dello Stato ebraico, sempre più lasciato solo a suo avviso. Anche il nostro paese è in pericolo e questo deve portare un fronte unito da parte degli ebrei italiani nella difesa di Israele, prosegue il professore. Illusione: Volli vede la pace come una pura utopia, i palestinesi infatti difficilmente si accontenteranno della “cessione” di alcuni territori e molti rifiutano anche le linee di confine del ’49. Pace: come coniugare la pace auspicata da tutti con la posizione di Volli, il cosiddetto sionismo estremista? Il professore scaccia ogni illusione sostenendo che per il momento non si può parlare di pace ma solo di tregua momentanea, tregua dovuta attualmente alla guerra con il Libano nel 2006. La tregua, continua, è il risultato tra il bilanciamento delle due forze e dalla convenienza. La guerra in VolliLibano è stata una vittoria anche se difficile, difficoltà che sono nate dall’uso accorto dei media da parte di Hezbollah e dall’uso dei missili che non ha permesso ad Israele di muoversi con carri armati e nemmeno tramite l’aviazione se non coinvolgendo i civili. L’idea di una pace in un tempo breve non è possibile, incalza Volli, ma la convivenza verrebbe facilitata favorendo una situazione di benessere per il popolo palestinese. Necessario è infine accontentarsi e per fare un esempio riporta il caso della suddivisione di terre tra Trieste, Istria e Dalmazia che non ha suscitato un sentimento di revanchismo presente invece nella situazione mediorientale. In seguito è stata ricordata la figura controversa di Otto Weininger, filosofo austriaco autore di un libro ferocemente misogino ed antisemita: Sesso e carattere. “Personaggi come Weininger sono intellettuali ebrei che per emanciparsi cercano, molte volte senza successo, di cancellare la macchia data dalla loro origine religiosa” dice Volli, che parla poi dei rischi di un antisemitismo sotterraneo e molte volte mascherato dal termine antisionismo. E allora quali metodi per difendere Israele? Al nostro ospite viene chiesto quanto convenga difendere Israele in maniere a volte troppo aggressive e con una retorica martellante. Il professore risponde con Brecht dicendo che quando ci si ritrova a dover gridare la voce si fa sempre roca (“…anche l’ira contro l’ingiustizia fa roca la voce”) e che molte volte cerca di smorzare i toni seguendo la via dell’ironia e del paradosso. Volli conclude con l’auspicio di una comunità ebraica italiana più compatta che, superando le piccole crisi interne, si occupi della diffusione di notizie veritiere su Israele, una grande scommessa sulla quale concentrarsi.

Rachel Silvera