Cambi di moda

Francesco LucreziIn un lungo servizio sulla famigerata barriera difensiva di Israele (ovviamente, come sempre, chiamata “muro”, parola scritta nel titolo a caratteri enormi, per dare, anche dal punto di vista grafico, l’idea di qualcosa di gigantesco e terribile) apparso su “Sette” del 16 giugno, corredato dai soliti commenti (“alto fino a 8 metri, il doppio di quello di Berlino”, tangibile sanzione del “divorzio tra due popoli”, “una barriera anche nella testa della gente” ecc.: questi articoli, in genere, sono tutti uguali) compare una piccola, sorprendente affermazione, che suscita diverse, contrastanti reazioni.
Nel denunciare il sopruso della barriera, Saeb Erekat, noto negoziatore palestinese dell’era Arafat, afferma, infatti, che, se è vero che gli attentati, dopo l’erezione della cintura difnsiva, sono diminuiti, ciò non sarebbe una conseguenza della stessa, ma si spiegherebbe semplicemente col fatto che “i palestinesi hanno deciso di non farli più”.
Ma guarda, mi sono detto. Che strana coincidenza. Nello stesso momento in cui i kamikaze non possono passare, gli passa la voglia. Davvero singolare. O forse no, è un comportamento umano molto consueto, da sempre, basti pensare alla favola della volpe e dell’uva. L’uva era acerba, gli attentati non piacciono più, è esattamente lo stesso. Forse la medesima cosa accade anche con le prigioni: i detenuti non escono non perché impossibilitati a farlo, ma perché hanno tutti deciso di non farlo. Vai a sapere.
Comunque, ho pensato, Erekat è un galantuomo, non c’è motivo di dubitare della sua parola, e quindi il muro non serve, perché i palestinesi – l’ha detto lui, perché non credergli? – di attentati non ne faranno più. E’ stato deciso: contrordine, compagni, niente più attentati.
Però, ho ancora riflettuto, questi palestinesi sono un po’, come dire, dispettosi. Uno si impegna in un lavoro così faticoso e impegnativo, spende un sacco di soldi per raggiungere un risultato che riteneva importante, e poi, appena ha finito, lo sforzo diventa improvvisamente inutile. “Sciocchino, hai lavorato per niente”. Mi ricorda tanto quel mio compagno di classe invidioso che, avendo io passato molto tempo a fare certi compiti a casa, mi fece notare che avevo sbagliato l’‘assegno’, e dovevo fare tutto daccapo. Sembrava tutto contento, davvero antipatico.
Ma più che dispettosi, forse, sono imprevedibili. Tutte le persone, però, in fondo, cambiano, non è che se uno ha fatto una certa cosa per anni poi deve continuare a farla per sempre. Prima gli attentati piacevano, ora non più. Le mode cambiano: un tempo, per esempio, andavano i “capelloni”, o i pantaloni “a zampa d’elefante”, ma tutto passa. E’ inutile chiedersi il motivo di questo cambio di idea, o di tendenza, Erekat non ce lo dice, evidentemente non lo sa. E’ difficile dire perché una moda cambia.
Comunque, quel che è certo, dalle parole di Erekat, è che il muro, oltre che cattivo, è anche inutile, perché tanto attentati non ce ne sarebbero in ogni caso. Quindi, tanto vale abbatterlo.
Resta solo un ultimissimo, piccolissimo dubbio. Prima, quando gli israeliani erano un po’ meno cattivi (ossia “senza muro”), i palestinesi facevano gli attentati, poi, appena sono diventati più cattivi (“con muro”), hanno smesso. Non è che, se tornano a essere meno cattivi, i loro vicini cambiano idea di nuovo? Verrebbe voglia di chiederlo a Erekat, ma si tratta, probabilmente, di un dubbio sciocco, diffidente, malevolo. E, in fin dei conti, ove mai, sciaguratamente, ciò dovesse accadere, si tratterebbe soltanto di un ennesimo – e, come sempre, effimero – cambio di moda.

Francesco Lucrezi, storico